Quattro autobomba sono esplose stamattina in diverse regioni siriane controllate dalle forze governative. Lo riferisce la tv panaraba al Arabiya, precisando che due ordigni sono esplosi nei pressi di Tartus, sulla costa, un altro vicino Homs nel centro del Paese, e un quarto a Sabbura, tra la capitale Damasco e il confine con il Libano. Per il momento si registrano sette vittime, di qui quattro soldati governativi.
Sono almeno 38 i morti in almeno tre diverse località della Siria controllate dalle forze governative: lo ha reso noto la televisione di Stato siriana, precisando che i feriti sono almeno 55. Gli attentati hanno colpito le località di Tartus e Homs, controllate dal governo, e di Hassakeh, in mano alle forze curde, ma in cui le autorità del regime mantengono una presenza.
Potrebbe essere una violenta reazione dell’Isis alla perdita di terreno nella zona al confine tra Siria e Turchia. L’offensiva di Ankara in Siria infatti, iniziata il 24 agosto, avrebbe strappato al controllo dell’Isis anche l’ultima fascia di territorio occupata tra Jarablus e Al Rai, nel nord della provincia di Aleppo.
Negli ultimi mesi ha perso quasi il 50 per cento delle terre sotto suo controllo in Iraq. In Siria le perdite ammontano a oltre il 20 per cento,sotto la pressione delle forze leali alla dittatura di Bashar Assad, con il sostegno determinante di Russia, Iran e delle milizie sciite libanesi, e da nord delle milizie curde siriane aiutate soprattutto dagli Stati Uniti.
La ritirata
Secondo quanto riportato dall’Osservatorio siriano per i diritti umani, i jihadisti sarebbero stati costretti a ritirarsi anche da Al Qadi e Tel Mizab, perdendo ogni continuità territoriale con la Siria. Sempre secondo l’Osservatorio, i ribelli hanno preso il controllo di tre villaggi nella giornata di sabato 3 settembre.
La Turchia negli ultimi giorni ha aumentato il numero di carri armati sul terreno nel nord della Siria, nell’operazione contro lo Stato islamico. I carri armati hanno attraversato il confine nei pressi della città turca di Kilis. I mezzi pesanti sono sostenuti dall’artiglieria, che continua a fare fuoco sulle postazioni dell’Is.
L’incursione è scattata a una cinquantina di chilometri a sud-ovest di Jarablus, dove la Turchia la scorsa settimana ha lanciato il primo grande attacco in Siria dall’inizio del conflitto. Secondo i ribelli siriani appoggiati dalla Turchia l’offensiva mira a mettere sotto pressione la zona sia da est sia da ovest.
La mediazione
Mentre sul campo di battaglia si spara, nelle sedi diplomatiche si parla. L’atteso incontro tra il presidente russo Vladimir Putin e quello turco Recep Tayyp Erdogan ha preceduto l’apertura della giornata conclusiva del G20 di Hangzhou. Sul tappeto anche le iniziative anti-Isis. E’ la seconda volta in poco tempo che i due leader si ritrovano in un faccia a faccia. Ad agosto, a San Pietroburgo, il presidente turco Erdogan e il presidente russo Vladimir Putin si riavvicinarono dopo mesi di tensione tra i due paesi (in seguito all’abbattimento nei cieli turchi di un cacciabombardiere russo).
Intesa mancata
Nessuna intesa invece tra Usa e Russia sulla Siria. Lo riferisce, citando una fonte americana al G20, la Cnn spiegando che i contatti tra il segretario americano di Stato John Kerry e il ministro degli esteri russo Serghei Lavrov, a margine dei lavori del G20 di Hangzhou, non sono approdati a un’intesa, a cominciare dal cessate il fuoco.