Un ricercatore universitario turco si è tolto la vitao a seguito del “trauma psicologico sofferto” per essere stato allontanato dal suo ateneo e “non essere stato accettato da nessun’altra università” dopo la sua epurazione sotto lo stato d’emergenza per aver firmato un appello per la pace con i curdi. A denunciarlo è il sindacato Egitim-Sen, secondo cui Mehmet Fatih Tras – questo il nome dell’assistente – era stato cacciato dall’ateneo di Cukurova, nella provincia meridionale di Adana, dopo aver concluso a giugno il suo dottorato in Economia, nonostante nel dipartimento ci fosse spazio per nuove assunzioni.
I 1.128 professori e ricercatori universitari che nel gennaio dello scorso anno firmarono la dichiarazione degli “Accademici per la pace“, chiedendo la fine delle ostilità tra esercito e Pkk nel sud-est a maggioranza curda, vennero accusati pubblicamente dal presidente Recep Tayyip Erdogan di “tradimento” della patria. Di questi, almeno 312 sono stati epurati dalle loro università con decreti dello stato d’emergenza, dichiarato dopo il fallito golpe del 15 luglio.
Sempre sul fronte delle stringenti misure di sicurezza adottate da Ankara, va registrato il completamento di oltre metà del muro di 511 km in fase di costruzione al confine con la Siria. L’avanzamento dei lavori è stato reso noto Ergun Turan, presidente della Toki, l’ente di Ankara per l’edilizia pubblica, che coordina i lavori con i ministri della Difesa e delle Finanze. La barriera, composta da blocchi di cemento di tre metri di altezza e due di spessore, è sormontata da un metro di filo spinato. Oltre al muro, eretto con lo scopo dichiarato di aumentare la sicurezza evitando ingressi illegali, sono stati costruiti 260 km di strade e torri di controllo. Complessivamente, Turchia e Siria condividono un confine lungo 911 km.
La Turchia vive una fase difficile, dopo il fallito golpe del 15 luglio 2016 e a causa dell’emergenza terrorismo. In un anno la jihad a colpito tre volte a Istanbul (l’ultimo attacco è della notte di Capodanno) e una ad Ankara.