Mariano Rajoy ha assunto le funzioni e i poteri di presidente della Catalogna dopo la destituzione di Carles Puigdemont. E’ il primo effetto dell’applicazione dell’art. 155 della Costituzione spagnola, la misura con cui Madrid sta contrastando le istanze secessioniste della Generalitat, che ieri ha ufficialmente proclamato l’indipendenza dal regno di Spagna. La vicepremier, Soraya Saenz de Santamaria, assume le funzioni e i poteri del vice presidente catalano al posto del numero due del Govern,Oriol Junqueras.
Il comunicato
“Il Consiglio dei ministri – si legge nella Gazzetta ufficiale – assume le funzioni e le competenze che corrispondono al Consiglio di governo della Generalitat di Catalogna”, e i ministri di Madrid ricoprono gli incarichi corrispondenti ai loro dicasteri nel governo catalano. Il decreto annulla inoltre tutte le strutture all’estero, l’ufficio diplomatico, le rappresentanze negli altri Paesi e nelle organizzazioni internazionali con sede a Ginevra, Strasburgo, Parigi e Vienna.
Situazione in bilico
Si attende, ora, la contromossa della regione ribelle. In una dichiarazione istituzionale, Puigdmeont, ha invitato alla “opposizione democratica all'applicazione dell'articolo 155″ che ha definito una “aggressione premeditata alla volontà espressa dai catalani”. Non dobbiamo “mai abbandonare l'atteggiamento civile e pacifico. Non vogliamo la ragione della forza, non noi”, ha detto ancora. “Continueremo a lavorare per un paese libero, con meno ingiustizie”. In democrazia, ha spiegato, sono i parlamenti che eleggono o destituiscono i presidenti. Parlando dalla delegazione del Govern a Girona, Puigdemont ha invitato i catalani a “pazienza, perseveranza e prospttiva” e a non rinunciare “mai” ad un comportamento “civico e pacifico”. Ma l’emozione suscitata dallo strappo dell’indipendenza e dalle durissime misure di Madrid può accendere gli animi. Il rischio è di un’esplosione di violenza. Lo scenario dei prossimi giorni è imprevedibile in buona parte. In gioco c’è una “doppia legittimità”, quella della Costituzione per la Spagna, la “legge catalana” – bocciata dalla Corte costituzionale spagnola – per Barcellona. Il risultato del voto per l’indipendenza – 70 sì e 10 no – ha suscitato un boato di gioia fra le migliaia di persone che attendevano davanti al Parlamento. Nell’aula i deputati secessionisti si sono abbracciati cantando l’inno di Els Segadors, e al grido di “Llibertat“. Decine di migliaia di persone hanno festeggiato in tutte le città della Catalogna, dalla Costa Brava ai Pirenei, le bandiere spagnole sono state tolte dalle facciate di decine di municipi, da Girona a Tortosa, da Figueres a Lleida.
L’Ue sta con Madrid
Certo, il futuro della neonata “Repubblica” è dei più complicati, forse impraticabile. La scure di Madrid si è abbattuta sull’autogoverno, all’estero nessuno la riconosce, Ue e Usa hanno confermato pieno appoggio a Madrid. Donald Tusk ha però invitato la Spagna a non usare la forza. Il presidente dell’Europarlamento, Antonio Tajani, ha ricordato che “in Catalogna si è violato l’ordinamento costituzionale spagnolo, che è parte dell’ordinamento europeo. Dunque la secessione dalla Spagna èsecessione dall’Europa. I catalani sono europei in quanto spagnoli”. Nessuno, ha aggiunto, “riconoscerà l’indipendenza della Catalogna”. L’Ue, da parte sua, non è “mai stata neutrale. Le istituzioni europee hanno subito chiarito che la consideravano una questione interna spagnola, e che il nostro interlocutore era Rajoy”. La Spagna, ha spiegato, “è un Paese democratico, ci sono libere elezioni e c’è anche una forte autonomia regionale. E infatti Rajoy per ripristinare lo stato di diritto ha convocato le elezioni in Catalogna, una scelta democratica e di buon senso“. Sulle violenze da parte della polizia, “alcuni comportamenti anche a me non sono piaciuti. Ma criticare la polizia è un conto, mettere in discussione la democrazia è un altro”.