E' un clima di totale incertezza quello che si respira in Catalogna. La primavera indipendentista della regione spagnola, infatti, è a un punto critico nel palazzo della Generalitat, dove il presidente Puigdemont ha convocato, nella serata di ieri, una riunione per decretare le mosse giuste per la partita a scacchi contro il governo di Madrid. Una seduta che, però, a fronte di ben sette ore di confronto non sembra aver portato ai risultati sperati: il percorso per dichiarare l’indipendenza, quella annunciata “a metà” un paio di settimane fa dal presidente, sembra essersi biforcato tra chi, a oltranza, continua a sostenere la secessione e chi invita ad andarci più cauti, parlando di elezioni. Anche perché, mentre al Parlament si discute, nella capitale Rajoy e gabinetto avanzano con le consultazioni sull’articolo 155, il ricorso al quale era stato annunciato alla scadenza dell’ultimatum concesso dal Governo a Puigdemont per dare una risposta definitiva. Che, però, non è arrivata perlomeno non nei modi e nei termini richiesti da Madrid.
Catalogna, divergenza governativa
Una situazione piuttosto complessa per il presidente: il muro spagnolo su un’indipendenza “dialogata” è stato un colpo decisamente ben assestato, che ha di fatto costretto Puigdemont a fare i conti, nello stesso momento, con il rischio del 155 e un parlamento in forte pressing per capire cosa ne sarà della Catalogna. Da una parte, infatti, la componente della sinistra indipendentista della Cup e di Esquerra Repubblicana, preme per la proclamazione unilaterale dell’indipendenza (e quindi della Repubblica catalana), più o meno nella misura in cui i moderati della PDeCat spingono per ragionare su un’autonomia che passi da una tornata elettorale.
Puigdemont: “Non perdiamo tempo”
Presupposti non esattamente favorevoli alla linea originaria pensata da Puigdemont. “Non perdiamo tempo con chi ha già deciso di distruggere l’autogoverno della Catalogna, andiamo avanti”, ha scritto il presidente della Generalitat il quale, peraltro, non si è presentato a riferire in Senato, come annunciato. Parole che sottolineano l’alta tensione fra Madrid e Barcellona ma, al contempo, evidenziano uno scenario tutt’altro che comunitario all’interno del Parlament. Il problema è che il tempo stringe: oggi, alle 16, il presidente sarà chiamato a esporre in seduta parlamentare cosa ha deciso di fare, consapevole di avere più di 7 milioni di catalani alla finestra in attesa di capirci qualcosa. A venerdì, invece, il voto sulle risoluzionie, chissà, forse pure la dichiarazione ufficiale di indipendenza. In mezzo, lo scacco del commissariamento che Madrid effettuerà fra le due fasi, aspettandosi, dice, una resistenza moderata della piazza. Per Rajoy, infatti, come dicono i quotidiani spagnoli, “sarà un malessere passeggero” e non certo “un Vietnam”.