A New York la rabbia è ancora nelle strade. Per la seconda notte consecutiva la Grande Mela ha visto scendere in piazza centinaia di persone per protestare contro le violenze della polizia sui neri. I manifestanti hanno provocato la chiusura del ponte di Brooklyn, dell’Holland Tunnel e della West Side Highway di Manhattan, paralizzando il traffico. Decine gli arresti. Le proteste sono esplose dopo la mancata incriminazione dell’agente Daniel Pantaleo che ha soffocato l’afro-americano disarmato Eric Garnere sono arrivate a Chicago, Orlando, Baltimora, Boston e Seattle, dove si è sfiorato lo scontro tra manifestanti e poliziotti. A Washington un corteo si è diretto verso Capitol Hill, anticipando la marcia organizzata per il prossimo 14 dicembre. A guidare il corteo verso il ponte di Brooklyn è stata Costance Malcolm, madre del Rmarley Graham, 18enne ucciso in casa, e disarmato, da un agente. “Hanno ucciso mio figlio nella mia casa – ha detto la donna- Non rappresentava una minaccia per nessuno e l’hanno fatto fuori come se niente fosse – ha denunciato – dobbiamo far sentire la nostra voce, siamo stanchi, dobbiamo reagire”. Sono state allineate fine bare con i nomi delle vittime delle forze dell’ordine e sono stati issati cartelli con scritto: “Le vite dei neri contano”, “Il Gran giurì è una frode, la nostra democrazia sta soffocando”. I manifestanti hanno potuto contare sull’appoggio del sindaco Bill de Blasio “Tutto ciò sta accadendo perché è ciò che la gente vuole. Continuate a chiedere”, ha detto il primo cittadino pur invitando la folla alla calma. Verso mezzanotte gente ha cominciato a diradarsi mentre gli avvocati (con un cappellino di riconoscimento verde) si preoccupavano di offrire la propria assistenza alle persone arrestate.
Nel frattempo un altro afroamericano è stato ucciso dalla polizia. Si tratta di Rumain Brisbon, ammazzato da un agente bianco a Phoenix (Arizona) mercoledì. Le autorità hanno appurato che la vittima non era armata quando l’agente gli ha sparato contro. Il poliziotto stava effettuando un controllo antidroga all’esterno di un supermercato quando ha messo le mani in tasca per prendere delle pillole. “L’agente – ha comunicato la polizia – ha creduto che l’uomo avesse una pistola mentre teneva la mano del sospetto nella tasca”. Poi, durante la colluttazione, “l’agente non è stato in grado di mantenere la mano del sospetto e, temendo che Brisbon avesse una pistola in tasca gli ha sparato due volte colpendo Brisbon sul torso”. La versione della polizia è contestata dai familiari. Marci Kratter, un avvocato che rappresenta la famiglia, ha detto: “Ci sono numerosi testimoni in grado di smentire la versione della polizia che è trapwelata”. Ha definito quanto accaduto “una tragedia senza senso: era disarmato e non minacciava nessuno”.