Sono almeno 41 i morti causati dall’attacco contro un autobus di sciiti che si trovava nella città di Karachi, nel sud del Pakistan. Secondo le prime informazioni le vittime sarebbero 25 uomini e 16 donne, inoltre ci si sarebbero anche 25 feriti tra cui molti bambini. Le presone rimaste ferite sono state trasportate nei vicini ospedali dove è stato dichiarato lo stato di emergenza. Un portavoce della polizia, Afzal Nadeem Dogar, ha spiegato che l’autobus “si stava dirigendo verso un centro della comunità ismaelita” ed ha aggiunto che si tratta di “un attacco di tipo settario”.
Alcuni testimoni hanno raccontato che l’agguato è stato compiuto da circa 10 uomini armati che si sono avvicinati al mezzo di trasporto a bordo delle moto, prima hanno circondato l’autobus e hanno aperto il fuoco, in un secondo momento sono saliti a bordo e hanno iniziato a sparare a quanti erano ancora in vita. Il premier Nawaz Sharif ha condannato l’attacco, annunciando che verrà aperta un’indagine e porgendo le condoglianze ai familiari delle vittime. Quest’anno numerosi attentati hanno preso di mira moschee sciite. Fra queste una a Shikarpur, sempre nel sud del Pakistan, in cui 55 persone sono morte e altre 50 circa sono rimaste ferite.
Gli attentati di carattere settario in Pakistan, soprattutto contro la minoranza sciita che rappresenta circa il 20% della popolazione, sono aumentati negli ultimi anni, con l’inasprirsi della violenza terrorista da fine 2012. A giugno 2013 un attentato vicino a un centro di preghiera a Quetta, nell’ovest del Pakistan, ha provocato 30 morti e 60 feriti, mentre all’inizio del 2014 tre massacri in quartieri sciiti di Quetta e Karachi hanno causato oltre 250 morti.
L’attacco – stando all’agenzia di stampa cinese Xinhua – è stato rivendicato dai Talebani del Pakistan (Ttp). Il generale Raheel Sharif era ieri in Afghanistan con il premier Nawaz Sharif che ha incontrato a Kabul il presidente Ashraf Ghani. In una conferenza stampa congiunta dopo i colloqui, Ghani e Sharif hanno annunciato il raggiungimento di un accordo per effettuare “operazioni coordinate” contro gli insorti attivi lungo il confine tra i due Paesi perché il “terrorismo è una minaccia comune”.