Si è aperta oggi a Riad la prima udienza del processo agli 11 imputati per l'omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, ucciso lo scorso 2 ottobre 2018 nei locali del consolato dell'Arabia Saudita ad Istanbul. Saud al Mojeb, procuratore generale del regno, ha chiesto oggi la pena di morte per cinque degli undici sospettati.
L'omicidio
A quanto si apprende, la procura generale saudita avrebbero richiesto alla Turchia di fornire alcune prove relativea all'omicidio, ma senza avere alcuna risposta. Khashoggi si era recato nel consolato saudita per ritirare i documenti necessari al fine di sposare la sua fidanzata di nazionalità turca. Il giornalista non sapeva però che stava andando incontro alla sua morte: nei locali lo aspettavano, infatti, 15 persone arrivate appositamente da Riad per ucciderlo e nascondere il suo corpo. L'omicidio ha creato tensioni tra l'Arabia Saudita e la Turchia: il presidente Erdogan ha ordinato indagini serrate mentre le autorità di Riad, dal canto loro, travolte dalle polemiche internazionali hanno ordinato l'arresto di diciotto persone, senza fornire informazioni più specifiche.
La censura di Netflix
Il clamore internazionale legato al delitto ha avuto anche delle ripercussioni recenti. In una puntata dello show “Patriot Act”, l'artista Hasan Minhaj ha espresso delle critiche al regno saudita in merito al caso Khashoggi. Di fronte alle proteste di Riad, però, il colosso statunitense Netfix – produttore del format – ha deciso di rimuovere i riferimenti all'omicidio del giornalista e le frecciate all'Arabia Saudita. Per chi volesse vedere la puntata senza censure, però, è ancora possibile farlo su Youtube.
Le indagini turche
Ad inizio dicembre, la procura generale di Istanbul aveva invece emesso due ordini di arresto nei confronti di due funzionari del consolato saudita sospettati di essere gli autori del delitto del giornalista. Il principe saudita Mohammed Bin Salman aveva chiesto in occasione del G20 in Argentina di incontrare Erdogan, ricevendo un netto rifiuto dal presidente turco, molto irritato per quanto avvenuto sul territorio del suo Paese.