L’Obamacare resta così com’è, almeno per ora. L’abolizione della norma firmata nel 2010 dall’ex presidente Barack Obama, fra le eredità più ingombranti per l’attuale inquilino della Casa Bianca, non potrà incorrere nel processo di abolizione, causa la mancanza dei voti necessari in Senato al progetto di riforma. Una brutta battuta d’arresto per i repubblicani e, ancor di più, per il presidente Trump che, assieme alla consapevolezza di non poter sostituire l’Obamacare in tempi stretti, deve fare i conti con la time line del 30 settembre, data in cui scade la possibilità di riformare il testo con consenso a maggioranza semplice. Bocciato, dunque, il testo di legge redatto dai senatori Bill Cassidy e Lindsey Graham che, nelle intenzioni del partito Repubblicano, avrebbe dovuto riformare il sistema sanitario degli Stati Uniti. Decisivo, in questo senso, il “no” incassato dalla senatrice Susan Collins, uniformatasi alla decisione annunciata di John McCain e Rand Paul di negare il proprio voto alla riforma.
Scivolone repubblicano
E, mentre al Congresso si dibatteva, centinaia di manifestanti (181 fermati), tra i quali molti disabili, hanno fatto sentire la propria voce all’esterno, invocando il mantenimento dell’Obamacare, la cui abolizione era stato uno dei mantra elettorali di Donald Trump, assieme alla riforma delle tasse che verrà presentata e discussa il 27 settembre. Una settimana davvero complicata per il Tycoon, alle prese con la plateale protesta dei giocatori della National football league e con l’alta tensione della politica estera, specie sul fronte coreano. La secca bocciatura al progetto di riforma dell’Obamacare, decisa anche a seguito della relazione del Congressional budget office (Cbo, l’organismo incaricato di fornire le analisi economiche ai senatori) per la potenziale perdita della copertura sanitaria per milioni di beneficiari, rappresenta senz’altro una sconfitta per la politica presidenziale, oltre che per il partito. Il vicepresidente Pence, addirittura, avrebbe tentato personalmente (ma inutilmente) di convincere la reticente senatrice Collins a rivedere la sua posizione poiché, di fatto, il “no” della rappresentante del Maine al Congresso è stato una sentenza.