Un cambiamento lungo e faticoso, ma che dovrà essere portato avanti dalla società e dalla politica birmana: lo ha detto Barak Obama alla conferenza stampa che ha tenuto in Myanmar insieme alla leader dell’opposizione, Aung San Suu Kyi, a lungo incarcerata dal regime militare.
Raggiungere la completa democratizzazione non solo della Birmania, ma di tutta l’area, sarà un lavoro complesso: ma Aung San Suu Kyi ha esortato a “trovare un equilibrio fra ottimismo e pessimismo” per il proprio Paese in piena transizione. Obama, invece ha affondato sui problemi più scottanti, come ad esempio la legge che impedisce ai birmani che hanno avuto figli all’estero di presentarsi alle elezioni presidenziali, una legge definita “insensata” dal presidente Usa.
Il presidente Usa ha voluto nominare più volte, appositamente, l’etnia Rohingya, la minoranza di 1,3 persone perseguitate e segregate nello stato occidentale di Rakhine: era stato proprio un gruppo di attivisti per i diritti umani a lanciare una campagna sui social network, con l’hashtag #justsaytheirname, chiedendo al presidente di nominarli durante la visita. Obama lo ha fatto negli incontri privati, e oggi anche durante la conferenza stampa con Aung, rispondendo a una domanda sui diritti umani delle minoranze: “La discriminazione contro i Rohingya o qualsiasi altra minoranza religiosa non esprime il tipo di paese che la Birmania vuole essere in futuro”.
E’avvenuto ieri sera, invece, l’incontro con il presidente Thein Sein: “Sono ottimista sulle possibilità per la Birmania, il progresso verso la democrazia è reale anche se incompleto”, ha detto Obama, precisando poi che le elezioni del 2015 dovranno essere “libere”. Sein ha riferito di aver avuto una discussione sincera con il presidente degli Stati Uniti sulla necessità di ulteriori progressi, e ha insistito di essere impegnato a compiere questo sforzo: ma, ha aggiunto il presidente del Myanmar, che su alcuni aspetti delle riforme politiche ed economiche che il suo Paese ha delineato sarà necessario più tempo.
Oggi Obama ha annunciato che gli Stati Uniti cominceranno a mandare volontari dei Peace Corps in Birmania nel 2015: gli operatori coinvolti, ha spiegato il presidente Usa, seguiranno una formazione di tre mesi per imparare la lingua, la cultura e i bisogni tecnici della Birmania, poi presteranno servizio sul posto per due anni.