Violenza senza fine quella dell’Isis che ha ucciso 15 cristiani rapiti in Siria nel governatorato di Hassake, al confine Nord-orientale con l’Iraq. “Molti di loro stavano difendendo i loro villaggi e le loro famiglie” ha riferito il patriarca Emanuel Youkhana che diede per primo la notizia del sequestro. Al momento non ci sono precise informazione sulle esecuzione dei fedeli, ma alcune fonti locali hanno riferito che nel villaggio di Tel Hormidz una donna sarebbe stata decapitata e due uomini sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco.
L’archimandrita Youkhana, inoltre, informa che il numero dei rapiti è salito a circa 350, infatti oltre alle centinaia di persone menzionate lunedì, sono da aggiungere 80 abitanti del villaggio di Tel Jazira, 21 di Tel Gouran, 5 di Tel Feytha e 3 di Qabir Shamiya. La maggior parte di loro è tenuto in ostaggio nel territorio sunnita di Um Al-Masamier. Altre 51 famiglie invece sono stati fatti prigionieri a Tel Shamiram; ma di queste non si conosce la posizione precisa: “Non sappiamo – continua il patriarca – dove siano tenute in ostaggio. È probabile che siano stati portati nella regione del Monte Abdul Aziz, controllata dallo Stato Islamico”.
Da alcuni fonti locali è emerso anche che è stata organizzato per oggi un’esecuzione collettiva nella Moschea di Bab Alfaraj. Negli ultimi giorni i villaggi cristiano-assiri si sono completamente svuotati, non è rimasto più nessuno, tra le numerose persone sequestrate e le rimanenti che sono fuggite in paesi vicini, il territorio è rimasto completamente inabitato. A riguardo il leader Bassam Ishaq ha lanciato un appello per un intervento da parte della coalizione internazionale “come è stato fatto a Kobane, altrimenti assisteremo a una tragedia umana senza precedenti”.
“La Siria ormai – spiega Mario Zenari nunzio apostolico a Damasco – è bagnata dal sangue da nord a sud, da est a ovest. Adesso anche nel deserto, in questa vasta pianura della Mesopotamia, ci sono macchie di sangue dappertutto ed è quello dei cristiani ma anche di credenti di altre religioni. Qui nel cosiddetto campo quartiere palestinese di Yarmouk, vi sono ad esempio 18500 palestinesi che da mesi non hanno più nemmeno una goccia d’acqua”.