In Nepal, a tre settimane dal terribile sisma che ha provocato più di 8500 vittime, c’è un nuovo obiettivo: salvaguardare e restaurare i siti archeologici danneggiati. Si partirà infatti con la ricostruzione delle più antiche radici culturali e archeologiche del Paese. Ai 137 siti nepalesi rasi al suolo e ai 444 danneggiati, sarà infatti destinato un piano in tre fasi, ha scritto il quotidiano locale “The Rising Nepal”, riportando l’annuncio del ministro per la Cultura, il turismo e l’aviazione civile, Deepak Chandra Amatya. Un piano che prevede interventi di restauro e recupero a breve, medio e lungo periodo, presentato durante l’incontro dalla commissione parlamentare per le Relazioni internazionali e il lavoro per tracciare un bilancio dei danni arrecati dal terremoto dello scorso 25 aprile e dalle successive scosse di assestamento e per studiare piani di intervento.
Per il presidente della commissione, Prabhu Shah, la priorità è di proseguire il monitoraggio dei danni riportati e intensificare le operazioni di recupero dei reperti scomparsi, perché per i lavori di ricostruzione sarà necessario il feedback degli esperti.
La paura però ancora non è passata: infatti dopo i terremoti sono le frane a minacciare il Nepal. L’allarme è lanciato dai geologi, secondo i quali dopo i dissesti causati dalle violente scosse e dalle loro numerose repliche, le frane rischiano di seppellire interi villaggi e far crollare le strade. Il Paese è già normalmente un’area calda per le frane, a causa dei terreni instabili e delle forti piogge, ma – sottolineano i geologi – i recenti terremoti hanno peggiorato la situazione. Inoltre in giugno le piogge monsoniche inizieranno a “inzuppare” le colline già destabilizzate, aumentando il rischio di frane disastrose.