Le recenti proteste contro le politiche di austerità messe in atto dal governo giordano hanno portato il primo ministro, Hani Mulki, a presentare le sue dimissioni al re Abdullah II.
Rabbia
L'aumento delle tasse e le restrizioni economiche hanno portato migliaia di persone in piazza. Manifestazioni di questa portata, nel regno mediorientale, non si vedevano dal 2011. I cortei hanno sfidato le forze dell'ordine, marciando verso l'ufficio del premier, di cui hanno chiesto a gran voce un passo indietro. Mulki, che era in carica da due anni, ha guidato un governo impopolare che stava cercando di attuare le riforme economiche richieste dal Fondo Monetario Internazionale per controllare l'aumento del debito pubblico. Il Pil della Giordania ha subito una flessione negli ultimi anni e la disoccupazione è aumentata, in gran parte a causa dei conflitti nella vicina Siria e in Iraq. Due siti web collegati al governo, Hala Akhbar e Al-Rai, hanno dato per primi la notizia delle dimissioni presentate da Mulki.
Il ruolo del re
Al momento, riferisce il Guardian, non c'è stato alcun annuncio ufficiale, ma la decisione del premier era nell'aria. La parola finale, in ogni caso, spetta ad Abdullah. In Giordania il sovrano è un arbitro imparziale, punto di riferimento della popolazione e avulso dalle dinamiche politiche. Tuttavia, nel corso degli anni, ha spesso sciolto governi o operato rimpasti, allo scopo di disinnescare sul nascere le proteste. Bisognerà ora vedere se la decisione di Mulki sarà in grado di sortire lo stesso effetto.