Nuove scintille tra Russia e Ucraina per la situazione nel Donbass. Questa volta è Mosca a puntare il dito contro Kiev, accusandola di aver organizzato delle incursioni armate nella penisola della Crimea causando la morte di un militare e di un agente dei servizi segreti russi, L’Fsb, che ha definito dei “terroristi” e “sabotatori” gli appartenenti al ministero della Difesa ucraino.
Anche Vladimir Putin ha parlato di terrorismo, definendo “molto allarmanti” le notizie che arrivano dal Donbass. D’altro canto da Kiev smentiscono ogni informazione definendo false le informazioni dei russi. Poi puntuale arriva anche la contraccusa: la Russia si sta rafforzando militarmente in Crimea, e quindi “potrebbe lanciare delle operazioni offensive” proprio dalla penisola russofona che ha strappato all’Ucraina due anni e mezzo fa attirandosi l’ira e le sanzioni dell’Occidente.
Quest’ennesimo braccio di ferro tra Mosca e Kiev arriva in un momento molto delicato della crisi ucraina. Appena quattro giorni fa, una bomba è esplosa vicino all’auto su cui viaggiava il leader dei separatisti dell’autoproclamata repubblica di Lugansk, Igor Plotnitski, che è rimasto ferito nell’attentato. Il presidente russo non ha dubbi: dietro c’è lo zampino delle autorità di Kiev che – ha dichiarato oggi – “invece di cercare la strada per una soluzione pacifica del conflitto, sono passate all’esercizio del terrorismo”. Per Putin, nella penisola sul Mar Nero il governo ucraino ha messo in atto delle azioni “stupide e criminali” in modo da distogliere l’attenzione dai problemi domestici e, a causa della minaccia, la Russia sarà costretta ad adottare “ulteriori misure di sicurezza”.