Le autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk hanno votato per eleggere i presidenti e i parlamentari con una chiara sfida al governo di Kiev che ha subito trovato il sostegno del Cremlino. Infatti poco dopo la chiusura dei seggi Mosca ha detto di considerare valide e “rispetta” le elezioni svoltesi nell’Est dell’Ucraina. “Le elezioni nelle regioni di Donetsk e Lugansk si sono svolte, in generale, in modo organizzato e con un’alta affluenza”, si legge nella nota del ministero degli Esteri, il quale ribadisce che la Russia “rispetterà la volontà di espressione dei cittadini del Sud-Est”. In realtà questo voto complica il processo di pacificazione.
Come primo passo le autorità ucraine hanno lanciato un’inchiesta contro gli organizzatori del voto separatista, accusandoli di voler “cambiare l’ordine costituzionale” e “prendere il potere”. Ma Kiev si è scagliata anche contro gli “osservatori internazionali” che hanno seguito le elezioni, annunciando che saranno dichiarati “persone non grate” e non potranno mettere piede in territorio ucraino. Secondo il nuovo responsabile della diplomazia dell’Ue, Federica Mogherini, le elezioni separatiste sono “illegali” e rappresentano “un nuovo ostacolo” sulla via di una soluzione pacifica del conflitto. Le elezioni nelle repubbliche separatiste hanno infatti dato vita a un nuovo aspro braccio di ferro tra Mosca e Occidente, proprio mentre la tensione tra Ucraina e Russia torna alle stelle e si intensificano i combattimenti nel sud-est in cui, secondo l’Onu, in sei mesi sono morte più di 4.000 persone, tra cui molti civili.
Per quanto riguarda i risultati delle elezioni, nell’autoproclamata repubblica di Donetsk ha stravinto come ci si aspettava il leader dei ribelli: il premier Aleksandr Zakharcenko, secondo un exit poll, è stato eletto presidente raccogliendo addirittura l’81,37% delle preferenze e ha trionfato anche in parlamento con il suo partito “Repubblica di Donetsk” che, secondo la stessa fonte, avrebbe ricevuto il 65,11% dei voti. L’Ucraina “non vuole la pace” e “fa il doppio gioco”, è stata la prima dichiarazione a caldo di Zakhartchenko. Anche nell’altra repubblica separatista, quella di Lugansk, è scontata la vittoria del leader locale dei ribelli: Igor Plotnitski, un ex militare nostalgico dell’epoca sovietica. A non essere chiaro – visto che più di 930mila persone hanno dovuto lasciare le loro case – è invece il numero degli elettori. Inoltre, secondo alcune fonti, le autorità filorusse hanno impedito la registrazione di alcuni partiti che avrebbero potuto in teoria fare concorrenza ai due capi separatisti che si apprestano a salire sulle poltrone più importanti delle loro autoproclamate repubbliche.