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Mosca avverte Washington: “Non interferite”

Il colpo di stato è fallito: non ha dubbi Nicolas Maduro, presidente in carica del Venezuela che, nemmeno 24 ore dopo l'annuncio dell'insurrezione definitiva fatta dall'oppositore Juan Guaidò, che presidente è per autoproclamazione, con riconoscimento da diversi grandi Paesi, dichiara passata la fase concitata di quello che aveva subito definito un tentato golpe. Quello che si è mostrato al Paese, dunque, è un Maduro che appare ancora al timone del Venezuela, dopo una giornata di intensi scontri conclusa con un bilancio di un morto (un ragazzo di 24 anni) e 59 feriti, nonostante momenti di altissima tensione come quando i blindati dell'esercito hanno puntato direttamente sui manifestanti.

L'avvertimento russo

Ora, però, anche se la situazione nel Paese appare meno instabile, la disputa si è spostata sul piano politico, coinvolgendo attori esterni, perlomeno geograficamente. A scendere in campo è la Russia di Vladimir Putin che, in un frangente da revival di Guerra fredda, punta il dito contro gli Stati Uniti dando l'altolà a quelle che il ministro degli Esteri, Sergej Lavrov, ha definito “ingerenze degli Usa negli affari interni del Venezuela”. Un avvertimento arrivato nel corso di una conversazione telefonica con il segretario di Stato americano, Mike Pompeo (citata dalle agenzie russe Interfax e Tass), al quale ha ricordato che le mosse statunitensi rappresentano una violazione del diritto internazionale, diffidando Washington dal compiere ulteriori “passi aggressivi”, paventando in caso delle “conseguenze gravi”. Un messaggio che richama quanto detto dallo stesso Maduro nel suo intervento serale, nel quale ha specificato che “l'opposizione voleva provocare l’intervento yankee nel nostro Paese”.

Pompeo e Trump

Nelle scorse ore, era stato proprio il segretario di Stato americano a parlare di una possibile “azione militare degli Usa in Venezuela”, affermando che “se necessario è quello che faranno gli Stati Uniti” per restaurare la democrazia. Questo, naturalmente, al netto di una preferenza per la soluzione pacifica. A rincarare la dose ci aveva pensato il presidente Donald Trump, che aveva puntato su Cuba: “Se le truppe e le milizie cubane non cesseranno immediatamente le operazioni militari e di altro genere allo scopo di causare la morte e la distruzione della Costituzione venezuelana, imporremo un embargo totale sull'isola di Cuba, insieme a più sanzioni”.

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