E'ancora in Italia Giuseppe Perrone, ambasciatore italiano a Tripoli ma ormai da circa un mese rientrato nel nostro Paese. Un argomento sul quale è stato interpellato il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi durante un'audizione davanti alle commissioni Esteri di Camera e Senato, alle quali ha spiegato che le motivazioni sulla permanenza di Perrone entro i confini nazionali riguardano essenzialmente “preoccupazioni sulla sua sicurezza e incolumità personale e di quelli che lavorano con lui”, circostanze che “consigliano in questa fase di restare in Italia”. Il titolare della Farnesina ha spiegato che “a seguito di un’intervista a una televisione che l’ambasciatore aveva deciso autonomamente di dare in lingua araba sono sorti quelli che, se fossimo in un contesto italiano, definiremmo malintesi. Essendo purtroppo il contesto libico molto più difficile, questi malintesi provocano molto velocemente emozioni molto più forti di quelli che si manifesterebbero nel nostro contesto, ci sono stati manifestazioni di piazza, prese di posizione forti”.
Conferenza in Sicilia
Una decisione autonoma, dunque, quella di Giuseppe Perrone di restare ancora in Italia piuttosto che fare rientro a Tripoli dove, nei giorni scorsi, l'escalation è stata preoccupante per via delle pressioni dei gruppi ribelli della Settima brigata. Moavero ha comunque specificato che l'ambasciata italiana sul suolo libico “resta aperta e operativa”, dal momento che sul posto è rimasto personale sufficiente a garantirne i servizi. Per quanto riguarda la Conferenza italiana sulla Libia, il ministro ha spiegato che si terrà alla metà di novembre in Sicilia: la scelta è ricaduta su “una terra che vuole simboleggiare la mano tesa al di là del Mediterraneo”. A questo proposito, Moavero ha precisato che “l'Italia gioca in prima linea perché in tutti gli interlocutori c'è positivo desiderio d'Italia”.
Dialogo a tutto tondo
Interpellato anche sul suo colloquio con il generale Khalifa Haftar, numero uno della Cirenaica, il titolare della Farnesina ha parlato di un confronto schietto, non mancando comunque di precisare che, al momento, l'interlocutore privilegiato resta il governo riconosciuto guidato da Fayez al-Serraj. E sul tema delle elezioni, stabilite durante il vertice di Parigi del maggio scorso alla presenza dei due leader libici, Moavero ha affermato che “noi siamo in disaccordo con la posizione del governo francese che, come deciso a Parigi, sostiene che le elezioni in Libia si devono tenere il 10 dicembre” ma che, tuttavia, dovessero esserci le condizioni questa data dovrebbe essere “riconsiderata”. Per questo l'appuntamento di novembre potrebbe rivelarsi uno snodo cruciale, nel quale saranno coinvolte tutte le parti interessate.