Sarebbero almeno mille i peshmerga rimasti uccisi in Iraq negli scontri contro l’Isis e più di 4500 i feriti. Il loro nome nella traduzione letterale più accreditata significa: “colui che si trova di fronte la morte”. Si tratta di un esercito di combattenti che ha le sue origini oltre un secolo fa e la cui terra viene normalmente identificata con il Nord dell’Iraq. In realtà però la loro presenza è attiva in molte altre zone come territori turchi, iraniani, iracheni, siriani e armeni.
Dal 10 giugno si sono impegnati a combattere l’invasione dello Stato Islamico, il 26 gennaio dopo mesi di conflitto con le forze jihadiste sono riusciti a riconquistare la città di Kobane divenendo simbolo della resistenza all’avanzata dell’Isis. Pochi giorni dopo i guerriglieri curdi hanno bloccato anche l’offensiva degli estremisti islamici a Kirkuk.
La realtà dei peshmerga è caratterizzata da una importante presenza femminile all’interno dei loro eserciti, impegnate attivamente in prima linea. La loro esperienza come componenti militari si è consolidata nelle battaglie che hanno portato le forze curde a schierarsi al fianco dei militari statunitensi per il rovesciamento del regime di Saddam Hussein nel 2003.
In oltre cento anni di storia i peshmerga da semplici combattenti indipendentisti si sono trasformati sempre di più in salvatori dell’Iraq come testimoniano le ultime vicende, anche nel loro equipaggiamento si sono evoluti e hanno conquistato armi e un uniforme che li identifica come soldati, abbandonando le vecchie vesti tradizionali.