La Commissione d’inchiesta tunisina incaricata d’indagare sulla sorte dei connazionali dispersi nel Mediterraneo nel 2011 ha consegnato ai funzionari del ministero dell’Interno italiano 223 impronte genetiche fornite dalle famiglie dei dispersi, oltre a foto, filmati e impronte digitali degli stessi per agevolare il lavoro degli inquirenti. Lo ha detto l’ambasciatore della Repubblica tunisina in Italia, riferendo ai media locali dell’incontro avvenuto a Roma il 23 febbraio scorso tra le parti tunisine e italiane che cercano di far chiarezza sulla sorte dei migranti scomparsi in mare.
Durante la riunione sono stati esaminati i risultati preliminari delle ricerche effettuate dai servizi di polizia scientifica dei due paesi, ha precisato l’ambasciatore Moez Sinaoui sottolineando che si è raggiunto un accordo per la creazione di una sotto commissione tecnica e scientifica mista che sarà incaricata di comparare le informazioni raccolte dai servizi italiani e tunisini con quelle della banca dati italiani.
Le madri tunisine che non hanno più notizie dei propri figli, con il sostegno della Lega tunisina per la difesa dei Diritti dell’Uomo (Ltdh), hanno creato lo scorso anno l’associazione “Madri dei dispersi” e sulla stessa scia se ne sono formate altre, per chiedere chiarezza sulla sorte dei loro cari.
Numerose mamme sostengono di avere le prove che i loro figli siano arrivati in Italia nel 2011 e accusano lo Stato tunisino di “lassismo” sui dossier relativi agli scomparsi. In tutto sono stati recensiti ufficialmente 503 casi, sui quali indaga dal giugno 2015 un’apposita Commissione di inchiesta, presieduta dal ministero degli Affari sociali e composta da rappresentanti dei ministeri dell’Interno, Difesa, Giustizia ed Esteri.