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Messico, il presidente Nieto risponde a Trump: “Non abbiamo intenzione di pagare il muro”

Botta e risposta immediato tra il neo-presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, e il presidente del Messico, Enrique Pena Nieto. Argomento cardine, ovviamente, la questione “muro”, sul quale il Tycoon, nel corso della prima conferenza stampa da presidente eletto, svoltasi alla Trump Tower di New York, non solo intende procedere, ma vuole farlo senza aspettare troppo tempo: “I messicani ci rimborseranno il costo del muro, troveremo la forma. Ma noi lo costruiremo. E la gente deve sapere che lo pagherà il Messico. Io voglio arrivare lì: costruire il muro, senza dover aspettare un anno e mezzo”.

La risposta dello Stato al di qua del Rio Bravo non si è certo fatta attendere. Il presidente messicano, come prevedibile, è stato categorico: “E’ evidente che abbiamo alcune differenze di vedute con il prossimo governo degli Stati Uniti, come ad esempio circa il muro, che il Messico non ha assolutamente intenzione di pagare”. La dichiarazione è arrivata durante il XXVIII Meeting con gli ambasciatori e i consoli del Paese, svoltosi al Palazzo nazionale della capitale. Una risposta attesa, la quale tuttavia non vuole evidenziare la mancanza di buona volontà, da parte di Città del Messico, nell’instaurare buoni rapporti con il nuovo inquilino della Casa Bianca, sui quali Nieto continua a nutrire speranze positive: “Posso tuttavia assicurare che stiamo lavorando per costruire buone relazioni con gli Stati Uniti e il nuovo presidente, e che queste relazioni porteranno buoni frutti al Paese e ai messicani”.

La questione, tuttavia, resta abbondantemente aperta. Se Trump non intende retrocedere sul suo intento di arginare fisicamente l’immigrazione clandestina lungo il confine naturale del Rio Grande, Nieto non ha nessuna intenzione di avallare scelte che ledano i principi fondamentali della Repubblica messicana, come “la nostra sovranità, l’interesse nazionale e la protezione dei nostri cittadini”, pietre miliari dell’ordinamento nazionale e, di certo, “non negoziabili”: “In nessun momento potremo accettare qualsiasi cosa contro la dignità del Messico”.

Del resto, la diatriba con lo Stato confinante ha toccato anche aspetti di natura commerciale ed economica. Il 3 gennaio scorso, infatti, l’industria automobilistica Ford ha annunciato il ritiro di un investimento di circa 1,6 miliardi di dollari, previsto nello stato messicano di San Luis Potosi. Attraverso una dichiarazione via twitter, il neo-eletto presidente aveva rivendicato la sua influenza sulla decisione, circostanza immediatamente smentita dai vertici Ford, alla Cnn: “Non siamo arrivati a un accordo con Trump. Lo abbiamo deciso per i nostri affari”. Più o meno negli stessi giorni, il Tycoon, attraverso un nuovo tweet, ha attaccato la General motors, esprimendosi negativamente sull’esportazione della produzione statunitense oltreconfine, e minacciando l’imposizione di una “border tax” (una tassa doganale).

Il mancato investimento in terra messicana, ha “profondamente rammaricato” il governo, il quale inoltre, rispondendo alla precedente dichiarazione di Trump di impostare una tassa del 35% sui prodotti messicani, ha iniziato a valutare l’applicazione di un’imposta su quelli provenienti dagli Stati Uniti.

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