Tre discorsi in dodici mesi o giù di lì: sono quelli di Theresa May sul tema Brexit, argomento caldissimo come ha precisato la stessa premier britannica nelle ultime settimane e che, sempre come da lei precisato, sta entrando “nella sua fase critica”. Dalla Mansion House di Londra May parla di “concorrenza equa e aperta”, da garantire attraverso “impegni reciproci e vincolanti”: il che, tradotto, significa un rapporto con Bruxelles che andrà delineandosi secondo alcuni principi imprescindibili, almeno nelle intenzioni. Cinque, quelli elencati dalla premier che, da parte sua, si è detta certa che un accordo fra le parti potrà essere raggiunto, a patto che entrambe trovino un terreno d'incontro, un compromesso. Uno di questi, ha spiegato la leader conservatrice, è la giurisdizione della Corte europea sulla Gran Bretagna che, dice, “deve finire” quando la Brexit sarà definitiva. Così come “la libertà di movimento delle persone”.
No unione doganale
Va da sé, ed è la stessa May ad ammetterlo, che nel post-Brexit non tutto sarà come prima e, di certo, il Regno Unito “non potrà ottenere tutto quello che vorrebbe”. Per questo, ha precisato la leader Tory, sarà necessaria una convergenza che, però, andrà valutata settore per settore poiché, se in alcuni sarà necessario trovare punti d'intesa, in altri resteranno delle divergenze: “L'intesa finale – ha spiegato – dovrà rispettare l'esito del referendum”. Questo il principio dato per assodato che, però, passerà da alcune accondiscendenze. Fra queste, non rientrerà l'unione doganale: qualora questa permanesse, secondo May, “sarebbe incompatibile” con la prerogativa d'indipendenza dall'Ue che è stata di fatto il motore della Brexit.
La questione irlandese
Decisamente impegnativa anche la sfida interna, con una situazione post-Brexit tutta in divenire sul fronte politico: da tenere presente, ha spiegato la premier, che due Paesi parte del Regno Unito, Scozia e Irlanda del Nord, hanno votato per restare nell'Unione europea. Qualcuno, alla Mansion, avanza qualche perplessità sulle future frontiere fra Irlanda e Gran Bretagna ma la leader Tory ha ribadito che “non ci saranno hard border, non torneremo al passato, ora discuteremo come procedere e che cosa fare insieme con la Commissione europea e il governo irlandese”. Discorso valido in maniera certamente maggiore per la linea che separa l'Eire dall'Irlanda del Nord, sul quale il governo dovrà lavorare per preservare l'accordo di pace stipulato una ventina d'anni fa e far comunque restare la parte settentrionale dell'isola sotto lo Union Jack. L'impegno sarà mantenere i confini senza ricorrere a un'unione doganale: “E' una sfida per tutti, siamo qui per trovare una soluzione, ma dobbiamo trovarla tutti insieme”.