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Manifestanti assaltano l'ambasciata del Bahrain

Notte di tumulti a Baghdad. Qualche ora fa nella città irachena un gruppo di manifestanti, tra cui alcuni con indosso uniformi militari, ha assaltato l'ambasciata del Bahrain. L'emittente Al Jazeera riferisce che, nelle ore immediatamente successive, il Bahrain ha richiamato il suo “ambasciatore”, sottraendo la bandiera dalla sede.

La protesta 

Secondo le prime notizie riportate dall'emittente locale Kurdistan 24, almeno 54 persone sono state arrestate dopo l’intervento delle forze dell’ordine dentro e fuori la sede diplomatica. A quanto risulta dalle prime indagini, la protesta sarebbe stata organizzata dal gruppo Kata'ib Hezbollah, un'associazione di militanti sciiti che godrebbero del sostegno dell'Iran; dal 2009 lo stesso gruppo figura tra le organizzazioni terroristiche individuate dalla Casa Bianca. In un video diffuso via internet, un manifestante mostra una foto del defunto religioso sciita Mohammed Sadiq al Sadr tra i fondatori del partito iracheno Dawa, ora guidato dall'ex primo ministro Nouri al Maliki, anch'egli considerato come uno stretto alleato dell'Iran. Altre foto pubblicate sul web mostrano uomini in uniforme militare che  bruciano bandiere israeliane e statunitensi, sventolando le bandiere della Palestina e dell'Iraq. In uno appare uno striscione che apostrofa i sostenitori arabi della conferenza degli Stati Uniti come dei “sionisti”. L'ufficio del primo ministro iracheno Adel Abdul Mahdi ha pubblicato oggi una dichiarazione sugli eventi di Baghdad, esprimendo “profondo rammarico” per il fatto alcuni manifestanti abbiano “superato le mura dell'ambasciata del Regno del Bahrain e compiuto atti di sabotaggio in violazione della legge, dell'autorità dello Stato e dell'immunità delle missioni diplomatiche”. Tutti i servizi di sicurezza iracheni, si legge ancora nella nota, “hanno adottato ferme e immediate misure per ristabilire l'ordine, fornire la necessaria protezione e arrestare i colpevoli”. Le autorità irachene hanno dichiarato che non tollereranno maiquesti atti e ogni azione che minaccia le missioni diplomatiche la sicurezza dei loro dipendenti.

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La fragile pace

Jared Kushner, genero e consigliere del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, nei giorni scorsi ha presentato il piano per la pace nella capitale del Bahrain, Manama, partecipando alla conferenza “Peace for Prosperity”. Il summit ha visto la partecipazione di alcuni Paesi che rivestono un ruolo-chiave nella regione medio-orientale, tra cui Egitto, Giordania, Marocco, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar, che hanno inviato le loro delegazioni di basso profilo. Ha, però, destato attenzione la mancanza dei Paesi interessati alla questione: Israele e Palestina. Nonostante i due posti vacanti, il consiglier presidenziale Kushner che, insieme all’inviato degli Stati Uniti per il Medio Oriente, Jason Greenblatt, è stato il promotore del vertice, ha epresso fiducia sul riscontro della conferenza, e il segretario per il Tesoro di Washington, Steven Mnuchin, ha affermato che il prossimo passo per risolvere il conflitto mediorientale sarà un coinvolgimento internazionale, non soltanto degli Stati Uniti. Nelle dichiarazioni conclusive, Kushner ha affermato che i palestinesi non hanno motivo per non fidarsi di Trump. Secondo il consigliere della Casa Bianca, la conferenza ha dimostrato che “il problema è risolvibile a livello economico” e sulla base dei colloqui avuti l’obiettivo della raccolta di 50 miliardi di dollari è fattibile.

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