Avviare colloqui con i gruppi islamisti per assicurare stabilità e sicurezza in Mali. L’invito arriva dalla conferenza di pace svoltasi nel Paese africano la scorsa settimana. Interlocutori del governo dovrebbero essere le milizie che nell’ultimo periodo si sono rese protagoniste di attacchi sanguinari contro i soldati maliani, i militari francesi e i Caschi Blu dell’Onu.
La conferenza, tenutasi sotto gli auspici del presidente Ibrahim Boubacar Keita, ha in particolare chiesto di avviare negoziati con Amadou Koufa, leader del Fronte di Liberazione di Macina – gruppo jihadista Fulani – e Iyad Ag Ghali, capo supremo di Ansar Dine.
Le due organizzazioni sono alleate e vantano collegamenti con altri gruppi jihadisti. Come al Mourabitoun – guidato dall’algerino Mokhtar Belmokhtar – che ha recentemente rivendicato un attacco kamikaze contro una base militare del nord del Mali nel quale sono morte almeno 60 persone.
Secondo la conferenza ha detto le autorità maliane dovrebbero: “Negoziare con le milizie del centro di Mali, in questo caso Amadou Koufa, preservando la laicità dello Stato, e con gli estremisti religiosi del nord, cioè Iyad Ag Ghali.”
La conferenza di pace aveva l’obiettivo di rafforzare l’accordo di pace firmato nel 2015, messo in discussione da liti e polemiche. Divisioni che hanno consentito ai gruppi terroristici, tra cui al Qaeda per il Maghreb, di intensificare gli attacchi contro i militari.
L’intesa del 2015 mirava a porre fine alla guerra di secessione ingaggiata dai separatisti Tuareg del nord contro il governo di Bamako (nel sud del Paese). Conflitto che ha portato il Mali a un periodo di lunga instabilità, della quale hanno approfittato le organizzazioni jihadiste. Nel nord, in particolare, nel 2012 Tuareg e terroristi avevano preso il controllo di numerose regioni, rendendo necessario l’intervento militare francese nell’ex colonia. Nonostante la massiccia presenza di soldati inviati da Parigi e dei caschi Blu il Mali continua a essere ostaggio di bande criminali, disordini e conflitti etnici.