Utilizzare twitter per denunciare i golpisti, è questa l’esortazione che i presidente del Venezuela, Nicola Maduro ha fatto, diffondendo speciali numeri di telefono messi a disposizione dal suo governo. “Dobbiamo fare attenzione per dire no ai golpisti, ai terroristi, dove si lavora, dove si studia”, ha detto il successore di Hugo Chavez in un discorso a Caracas con i partiti che appoggiano il suo governo.
L’appello a quelli che Maduro ha chiamato i “patrioti cooperanti”, giunge dopo che il leader ha denunciato a febbraio un presutto complotto ordito dall’Aviazione con il sostegno degli Usa e dell’opposizione venezuelana. Il presidente ha anche presentato un manifesto di questo complotto per rovesciare il governo, che sarebbe stato diffuso tra gli esuli di Miami da un militare a riposo, Carol Osuna, che è stato denunciato proprio da un patriota cooperante. Il documento è stato paragonato da Maduro alle dichiarazioni dei militari cileni che rovesciarono Salvador Allende, nel 1973.
Intanto il governo ha stabilito con un decreto che l’ex presidente degli Stati Uniti, George W. Bush e il suo vicepresidente Dick Cheney non potranno più mettere piede in Venezuela. Maduro ha etichettato l’entourage governativa con alcuni tra gli uomini più potenti al mondo come “terroristi”. Sono quindi accusati di aver violato i diritti umani e aver “bombardato villaggi di Iraq e Afghanistan”. La misura, che ovviamente ha un carattere prevalentemente simbolico, vuole inviare un chiaro e netto segnale ai diplomatici americani, per il presunto coinvolgimento nel fantomatico golpe. Questo è solo l’ultimo capito del braccio di ferro tra Washington e Caracas, che ha visto nei giorni scorsi il paese latino americano intimare all’ambasciata Usa di ridurre da cento a 17 il personale presente. Il mese scorso, invece, erano stati gli Usa a sferrare un colpo al Venezuela. Il Congresso ha approvato una legge in base alla quale sono stati revocati i visti di ingresso a una serie di funzionari di Caracas e sono stati congelati i loro asset economici negli Stati Uniti. Questi erano accusati di violazioni dei diritti umani. La risposta venezuelana era stata un’ondata di arresti di cittadini americani, tra cui un pilota di origine ispanica e quattro sacerdoti del Nord Dakota, incriminati per spionaggio.