Ora è quasi ufficiale: alle prossime elezioni presidenziali del Brasile non ci sarà Inacio Lula da Silva. Lo hanno deciso i tre magistrati dell'ottava sezione del Tribunale federale del Rio Grande do Sul, i quali hanno risposto negativamente al ricorso del leader del Partito dei lavoratori, nonché ex presidente brasiliano dal 2003 al 2010: dalla sentenza di primo grado, dopo la quale aveva ricevuto una condanna a 9 anni e 6 mesi, Lula è passato non solo all'impossibilità di correre per la guida del Paese ma alla richiesta di una pena addirittura più pesante (12 anni e 1 mese) per i reati contestati di corruzione e riciclaggio, in merito ai quali i magistrati hanno ritenuto di avere prove a sufficienza.
Il secondo grado
L'attesa del popolo brasiliano per conoscere il futuro politico di Lula, dagli oppositori ai favorevoli, è stata decisamente elevata: in migliaia sono scesi in strada per assistere, via maxi schermo, al processo di secondo grado nei confronti dell'ex presidente che, al Tribunale di Porto Alegre, si è rivolto tramite ricorso come previsto dai procedimenti dell'inchiesta Lava Jato (Mani pulite). La decisione dei giudici, in un certo senso, potrebbe influire in modo significativo sulle prossime elezioni: molti sondaggi, infatti, davano Lula a un buon punteggio percentuale (35%) il che, in sostanza, sarebbe significata la possibilità di giocarsela davvero per tornare sulla poltrona più alta del Paese e, al contempo, intraprendere un'azione politica che rimetta a posto i tasselli smarriti dal governo Rousseff, soprattutto sul piano economico. Il problema, a questo punto, non è la decisione dei giudici in sé, quanto la paventata prova di come l'attico di Guarujà e la sua ristrutturazione furono possibili grazie a una tangente.
Verso l'esclusione
Ci saranno altri due step prima di un'eventuale condanna definitiva: qualora fosse confermata in terzo grado, infatti, Lula potrebbe rivolgersi alla Corte suprema, allungando così ulteriormente i tempi e permettendo all'ex presidente di allestire al meglio la sua scenografia politica e, magari, puntare su un altro nome per la presidenza. Non va dimenticato che, al momento del suo avvicendamento con Dilma Rousseff, l'indice di gradimento di Lula toccava cifre vertiginose e, in molti casi, il popolo vede in lui una figura legata al (seppur progressivo) periodo di miglioramento del Paese. Per altri, però, rappresenta una 'caricatura', da raffigurare in modo ironico su qualche cartoncino durante le proteste di piazza. “Solo una cosa mi potrà togliere dalle strade di questo Paese – aveva detto pochi giorni fa -, dalla lotta per la dignità della mia gente: la mia morte”.