L'Unione europea propone una soluzione temporanea, applicabile da subito, per costringere i colossi del web a pagare le tasse: un'imposta del 3% sui ricavi da vendita di spazi pubblicitari (come Google), cessione di dati (come Facebook) e attività di intermediazione tra utenti e business (come Uber), applicabile a società con un fatturato globale superiore a 750 milioni di euro ed uno europeo sopra i 50 milioni. Il tutto nell'attesa di una riforma organica da approvare nel lungo periodo.
La misura
Bruxelles stima introiti per almeno 5 miliardi all'anno. La tassa “assicura che le attività che oggi non vengono tassate comincino a generare introiti immediati per gli Stati membri”, spiega la Commissione. E aiuta ad “evitare azioni unilaterali” che creerebbero un “patchwork di risposte nazionali che danneggerebbe il nostro mercato unico”. La tassa è indiretta, si applica ad alcuni tipi di ricavi ed è una misura temporanea, cioè vale fino a che non ci sarà una riforma complessiva.
La riforma futura
La Commissione propone quindi anche una strada per una soluzione a lungo termine, che consente agli Stati membri “di tassare i profitti dove sono generati, anche se le aziende non hanno una presenza fisica nel loro territorio”. Bruxelles individua tre criteri per individuare una “presenza digitale tassabile“, sufficiente ad assoggettare le aziende digitali al fisco nazionale. Una società che opera su web diventa quindi equiparabile a una qualunque altra azienda “old economy” se supera i 7 milioni di euro di ricavi annuali in uno Stato membro, se ha più di 100.000 utenti registrati in uno Stato oppure se ha più di 3000 contratti per servizi digitali ad utenti business. Questa soluzione, preferita dalla Commissione, potrà un giorno integrarsi alla proposta di creare una base imponibile consolidata comune (Ccctb), ferma da anni al Consiglio. La tassa temporanea sarà “raccolta dagli Stati” e assicura che le start up o le piccole aziende non vengano toccate.