Kiev è stata costretta a cedere Debaltseve. Dieci giorni di combattimenti hanno visto soccombere le truppe ucraine che hanno lasciato la città mercoledì dopo aver consegnato le proprie armi ai ribelli filorussi. I separatisti avevano rivendicato l’importante snodo ferroviario sin dal vertice di Minsk, dove l’assegnazione della cittadina era rimasta un nodo insoluto nel braccio di ferro tra Putin e gli altri tre leader del formato Normandia (Merkel, Hollande e Poroshenko). Ora su Debaltseve, il punto che permette di collegare Donetsk e Lugansk – considerate dai ribelli le loro “capitali” – sventola la croce blu di sant’Andrea su sfondo rosso, la bandiera su quella che i miliziani chiamano “Novorossia”, il nome zarista dell’Ucraina sud-orientale”.
L’Ucraina, incassata la pesante sconfitta, si avvia a chiedere l’intervento dei Peace keepers delle Nazioni Unite, il contingente internazionale Onu col compito di garantire la pace nelle zone di conflitto. Il consiglio di sicurezza ha appoggiato la volontà del presidente ucraino e adesso manca soltanto il voto del Parlamento affinché la richiesta di Kiev possa ufficialmente partire. Poroshenko ha infine raggiunto i soldati a Artemyvsk, città dell’est sulla linea del fronte, a circa 35 chilometri da Debaltseve, e li ha insigniti del titolo di “Eroe dell’Ucraina”.
“La presa di Debaltseve permette ai separatisti di rifornire i loro territori con la ferrovia. Si spingeranno oltre? Probabilmente no. Tutto dipende da Putin. In questo momento al presidente russo fanno gioco gli accordi di Minsk e il cessate il fuoco. E sono utili all’Europa”, dice l’analista politico Vadim Karasyov. La guerra ha portato ovunque morte e distruzione. Secondo le stime Osce, delle 25 mila persone che prima del conflitto popolavano Debaltseve, ne restano solo 5000.