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L’Onu avverte: i Paesi colpiti dall’Ebola non vanno isolati

I membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu hanno preparato una bozza di risoluzione con la quale chiedono di non isolare i paesi colpiti dalla diffusione del virus Ebola al fine di facilitare l’assistenza, compreso l’invio di personale e provviste nelle Nazioni africane affette dalla malattia. Il documento, per divenire effettivo, dovrà essere votata positivamente da almeno nove membri del Consiglio sui quindici votanti. Visto l’aggravarsi del contagio in Africa occidentale, David Nabarro, coordinatore delle Nazioni Unite per le attività di contrasto all’epidemia di febbre emorragica Ebola, ha lanciato ieri un appello alla comunità internazionale chiedendo maggiori fondi: “Avevamo chiesto circa 100 milioni di dollari un mese fa, ma ora dobbiamo chiedere interventi per almeno un miliardo, dieci volte di più”.

La richiesta è stata fatta dalla sede dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) a Ginevra, dove è stato reso noto anche l’ultimo bilancio delle vittime aggiornato al 13 settembre: 2461 le vittime, tra confermate, probabili e sospette mentre i casi di contagio sono saliti a 4985 portando in questo modo il tasso di mortalità al 55%. La maggior parte dei decessi da Ebola sono stati registrati in Liberia, dove sono morte 1296 persone; 595 in Guinea, 562 in Sierra Leone e soltanto 8 in Nigeria, dove le autorità sanitarie locali sembrano essere riuscite a contenere la diffusione.

L’organizzazione privata internazionale Medici senza frontiere (Msf) ha reso noto che una sua collaboratrice di nazionalità francese ha contratto il virus Ebola mentre lavorava in Liberia. La donna verrà rimpatriata al più presto. Lo rende noto la stessa ong, affermando che la donna ha mostrato ieri i primi sintomi della malattia. Il virus, che si diffonde tramite il contatto diretto dei fluidi corporei dei pazienti infetti, espone i collaboratori sanitari alla possibilità di infezione. Tuttavia Msf afferma che finora sono stati solo sei i suoi collaboratori che si sono ammalati, sebbene l’organizzazione abbia più di duemila persone che lavorano nelle regioni colpite dall’epidemia; di questi, 200 provengono dall’estero.

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