A distanza di poche ore del sequestro dei cristiani in Siria, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu “condanna con forza” il rapimento compiuto dall’Isis al confine nord-est del Paese. “Questi crimini – affermano i membri del CdS – dimostrano ancora una volta la brutalità dello Stato Islamico, responsabile di migliaia di abusi contro persone di tutte le fedi religiose, etnie e nazionalità, senza riguardo per ogni valore di base dell’umanità”.
Jen Psaki, il portavoce del Dipartimento di Stato degli Usa ha ricordato l’urgenza di porre fine a questi orrori compiuti quotidianamente dai jihadisti, sottolineando che la coalizione internazionale deve rimanere salda nel suo obiettivo di sconfiggere l’Isis attraverso una soluzione politica che arresti lo spargimento di sangue e che “assicuri un futuro di libertà, giustizia e dignità per tutti i siriani”.
I combattenti dello Stato Islamico dopo essersi ritirati da Kobane in seguito all’avanzata dei curdi, hanno assaltato lunedì mattina alcuni villaggi abitati da cristiani assiri e nestoriani e dato fuoco ad alcune delle chiese più antiche dell’area. E’ in questo frangente che i miliziani hanno sequestrato 150 persone, tra cui donne e bambini. Alcune fonti locali riferiscono che l’Isis ha già dato inizio ad alcune esecuzioni: “Oggi hanno ucciso a colpi di arma da fuoco due delle persone rapite a Tal Hurmuz, tra cui un mio cugino di 65 anni”, ha fatto sapere all’agenzia Efe Abdel Abdel, un uomo fuggito cinque mesi fa a Beirut assieme alla moglie e ai due figli.
Intanto continua l’esodo di tremila cristiani caldei che hanno abbandonato le loro case nella provincia di Al Hasaka in seguito all’offensiva dello Stato Islamico. Sono quasi 600 le famiglie che hanno trovato accoglienza nella cattedrale di Santa Maria ad Hassakè, molte altre invece sono in fuga verso Qamishli.