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Lo stupro come arma nel Sudan del Sud

Gli orrori, nel Sudan del Sud, non si sono mai placati: sono queste le parole di Zainab Bangura, rappresentante speciale delle Nazioni Unite contro le violenze sessuali, da ieri nella Capitale dello Stato africano, Juba. La visita di sei giorni della diplomatica servirà, infatti, a verificare le violenze sessuali in corso nel Paese di cui sono accusate entrambe le parti in causa.

Dopo due sanguinose guerre civili che hanno devastato l’area fin dal 1972 e la dichiarazione di indipendenza del Sud Sudan nel 2005, un conflitto etnico tra le forze governative di etnia dinka e quella nuer continua a infiammare la regione dalla fine del 2013. L’accusa fatta ad entrambi i gruppi è quella di aver applicato sistematicamente lo stupro come arma punitiva dei nemici.

“La rappresentante speciale cercherà di ottenere un impegno contro la violenza sessuale da parte di entrambe le parti in conflitto”, ha spiegato il portavoce della Missione delle Nazioni Unite in Sud Sudan, Joseph Contreras. Nel corso della sua visita, infatti, la Bangura avrà una serie di incontri con i funzionari governativi e i rappresentanti delle organizzazioni religiose, delle agenzie delle Nazioni Unite e della Commissione per i diritti umani, oltre a visitare i campi profughi presenti nel Paese per verificarne le condizioni di vita.

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