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L’IMPERO DEL CALIFFO. LA META’ DEI PAESI ARABI E’ FLAGELLATA DALL’ISIS

Undici Paesi su ventidue, la metà esatta. Il cancro dell’Isis si diffonde negli Stati arabi e nessuno sembra in grado di bloccarlo. L’allarme arriva dal portale “Al Arab” che ha realizzato una mappa dei territori in cui il Califfato è presente, seminando morte e distruzione ma anche di quelli per il momento esenti dal contagio del terrore. Questo è il risultato del dossier:

SIRIA – Gli uomini del Califfo controllano in modo quasi totale due province: la settentrionale Raqqa e l’orientale Deir al Zour. A questo territorio occorre aggiungere ad alcune zone della provincia di al Hasska, nell’Est del Paese, ma anche alcune zone nella parte orientale e settentrionale della provincia di Aleppo. L’Isis controlla inoltre alcune zone delle province centrali di Homs e Hama, raggiungendo aree introno alla stessa capitale Damasco; nei mesi scorsi infatti l’organizzazione si è attestato in posizioni a pochi chilometri dalla capitale; come il campo profughi palestinese Yarmuok e la zona chiamata al Hajar al Assuad. I jihadisti contano su una presenza, pur se limitata, nella strategica zona di al Qalamoun della provincia di Damasco alla frontiera con il Libano.

IRAQ – Lo Stato Islamico controlla Mosul, seconda città del Paese e capoluogo della provincia di Ninive, eletta a capitale dell’organizzazione in Iraq. Inoltre i jihadisti controllano circa il 90% della vasta provincia sunnita di al Anbar, che da sola forma due terzi dell’intera superficie dell’Iraq con confini lungo la frontiera con tre Paesi arabi: SIRIA, Giordania e Arabia Saudita. Gli uomini del Califfo controllano vaste aree, come i distretti di al Hueija e al Riath, che collegano il sud della provincia di Kirkuk (Nord) con il governatorato di Salhuddine attraverso il ponte “Al Fatha”. Estese aree della stessa provincia di Salhuddine sono occupate dall’Isis in particolare il distretto di al Sharqat che confina con la provincia di Ninive.

LIBIA – L’Isis ormai controlla completamente la città di Sirte che si affaccia sul mare Mediterraneo; è anche presente nelle zone periferiche di Derna a est del Paese anche se non in maniera organica. I jihadisti infatti, negli ultimi tempi, sono stati cacciati da Derna dopo violenti combattimenti con le milizie chiamate “Consiglio di Shura dei Mujahiddin di Derna”. Daesh, questo è l’acronimo dell’Isis in arabo, era presente attraverso un gruppo estremista che si faceva chiamare “Ansar Beit al Maqdis” (dall’arabo “Partigiani della Casa di Gerusalemme”) fondato nell’agosto 2011, subito dopo la cosiddetta Primavera araba. Questo gruppo, l’anno scorso, ha aderito all’Isis, ribattezzandosi “Provincia del Sinai” dell’Isis. Di fatto non esistono territori controllati dall’organizzazione in Egitto, ma la penisola del Sinai (Nord-est) è considerato il centro operativo principale dell’organizzazione nel Paese.

LIBANO – Secondo le forze di sicurezza libanesi, l’Isis non è presente sul territorio in modo organizzato. Tuttavia, esistono piccoli gruppi di militanti presenti nel Nord del Paese dei Cedri che sono legati all’Isis anche se questo non viene dichiarato ufficialmente. Ma l’Isis è comunque presente in modo piuttosto organizzato, in particolare sul confine con la Siria. Nell’immediato entroterra siriano, in località come Jurud Qarah e Jurud Jabbah la presenza dell’Isis conta su 700 uomini, Queste zone sono sate dichiarate dal califfato “zona militare” .

ALGERIA – In Algeria non esistono territori occupati dai jihadisti. Ci sono tuttavia numerosi piccoli gruppi estremisti come “Jund al Khalafa” (dall’arabo “Soldati del Califfato”) nella Terra d’Algeria oppure “Wyalat al Jazair” (dall’arabo “La Provincia di Algeria”). Quest’ultima, una organizzazione composta in prevalenza da ex membri dell’Organizzazione di al Qaida nella Terra del Maghreb Islamico) (Aqmi), ha annunciato la sua fedeltà al Califfo Abu Bakr al Baghdadi, così come ha fatto un altro gruppo che ha aderito all’Isis e che si fa chiamare “Al Murabutun”.

GAZA – E’ vero che nella Striscia di Gaza non esistono territori controllati dalla nuova identità autoproclamatasi Stato Islamico. Tuttavia, negli ultimi tempi, nell’enclave palestinese governata dal movimento islamico di Hamas sono nati diversi piccoli gruppi jihadisti pro-Isis. Su tutti, “Ansar al dawlat al Islamiya” (Dall’arabo “Partigiani dello Stato Islamico”) e le “Brigate Omar Hadid”.

TUNISIA – Escluse alcune alture boschive disabitate come quelle al passo di Kasserine nella zona centro-occidentale del Paese, in Tunisia i jihadisti non controllano alcun territorio. Tuttavia, il Paese nordafricano è stato colpito negli ultimi tempi da spettacolari e sanguinosi attacchi organizzati da jihadisti locali dell’Isis, alcuni addestrati in Libia. Due sono i gruppi maggiormente attivi: “Jund al Khalafa”, (“Soldati del Califfato” e “Talaai’a Jund al Khalafa” (dall’arabo, Avanguardia dei Soldati del Califfato”). Quest’ultimo ha rivendicato il sanguinoso attacco al museo del Bardo a Tunisi il 18 marzo 2015. E’ stato rivendicato dall’Isis anche il massacro in spiaggia a Sousse del 26 giugno, costato la vita a 38 persone.

ARABIA SAUDITA – L’Arabia Saudita è tra i Paesi del Golfo maggiormente colpiti dall’Isis nonostante non vi sia una palese presenza di jihadisti nel Paese. L’Isis ha iniziato a colpire il regno wahabita nel novembre del 2014 con un sanguinoso attentato nella zona di Dawlah, provincia di al Ihssa, nell’est del Paese, dove è stata fatta saltare in aria una moschea sciita. Da notare che gli attacchi dell’Isis in questo Paese sono concentrati in prevalenza nella zona orientale a maggioranza sciita.Ci sono stati attacchi da parte degli uomini del Califfato nella stessa capitale Riad e nella zona di Arrar a ridosso della frontiera settentrionale con l’Iraq.

YEMEN – Nel marzo scorso l’Isis ha rivendicato un duplice attentato contro due moschee sciite frequentate dalle milizie Houthi nella capitale Sana’a: un attacco che ha provocato 120 morti e centinaia di feriti. Si è trattato del primo attentato rivendicato nello Yemen dall’organizzazione che fa capo al’iracheno Abu Bakr al Baghdadi. Da allora ci sono stati diversi attacchi, sempre contro obiettivi Houthi, quindi sciiti, ricorrendo all’ormai collaudato metodo delle autobombe.

KUWAIT – Lo scorso 26 giugno, un kamikaze di nazionalità saudita si è fatto saltare per aria nella moschea sciita “Imam Sadeq” nella capitale del Kuwait, Kuwait City. L’attacco è avvenuto nel primo venerdì di Ramadan, giorno di preghiera collettiva, provocando la morte di 27 fedeli. Il sanguinoso attentato, il primo in assoluto nel piccolo Paese del Golfo, è stato rivendicato dallo Stato Islamico.

STATI NON INTERESSATI – Sono in tutto undici i Paesi arabi non ancora interessati da attacchi ad opera del Califfato, anche se le autorità di questi Paesi, a più ripresa, danno annunci di arresti e retate contro cellule terroristiche. Quattro Paesi del Golfo: Qatar, Bahrein, Emirati Arabi Uniti e il Sultanato di Oman, quindi Giordania, Marocco, Mauritania, Sudan, Isole Comore e Djibouti. Da aggiungere anche la Somalia, dove è fortemente presente “Al Shebab” (dall’arabo “I Giovani”), gruppo jihadista legato ad al Qaeda.

fonte askanews

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