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Libia, il premier: “Dopo Gheddafi il mondo ci ha abbandonati”

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“Dopo averci aiutato a rovesciare il regime di Muammar Gheddafi, la comunità internazionale, soprattutto i paesi maggiori, ha lasciato la Libia da sola” e ora “è responsabile di quanto accade” nel Paese. Ha detto il premier libico Abdullah al Thani ad al Arabiya, spiegando che “le armi dovevano essere distrutte per ricostruire lo Stato”. Le sanzioni dell’Onu che impediscono le importazioni di armi in Libia “rendono uguali vittime e carnefici. Questa è una delle ironie dell’Onu”, ha aggiunto Al Thani.

Il premier del governo transitorio che nella lunga intervista ha ringraziato gli Emirati arabi, l’Arabia Saudita e l’Egitto, ha proseguito affermando che la missione Onu in Libia “usa un doppio standard: quando le milizie di Fajr Libya hanno colpito Tripoli e ucciso dei civili, ha taciuto. Quando i raid dell’aviazione hanno colpito i depositi di armi delle milizie, l’inviato Bernardino Leon ha detto che era inaccettabile”. “Noi abbiamo il dovere di distruggere le basi e i depositi” delle milizie filo-islamiche, ha concluso.

In queste ore “le nostre truppe stanno avanzando verso Tripoli per liberarla”, ha annunciato Al Thani, aggiungendo che le forze governative si muovono verso la capitale da ovest. La capitale è sotto il controllo delle milizie filo-islamiche Fajr (Alba) che vi hanno imposto un governo “parallelo”. Le forze libiche “sono alle porte di Ajaylat (a 80 km a ovest di Tripoli) dove la gente ha festeggiato quando sono entrate. Quindi riprenderanno Ras Jedir (al confine con la Tunisia) e si muoveranno verso Tripoli per liberarla da questo gruppo”, ha aggiunto al Thani nella lunga intervista. Secondo il premier libico, le milizie di Fajr Libya non controllano più del 5-10% del territorio “con la repressione e la tortura”, ma il 95% dei libici è con il parlamento eletto e il suo governo. Al Thani ha quindi ribadito il sostegno ai tentativi di dialogo sotto l’egida dell’Onu, ma “non è un dialogo incondizionato: chi vuole contribuire è benvenuto, ma deve riconoscere la nostra legittimità”.

Silvia Barbato: