L’autobomba che ieri sera è esplosa davanti la moschea di al Ayeb a Misurata, in Libia, ha ucciso il capo dei servizi segreti militari del governo di Tripoli, el Taher Baloush. La città colpita dall’attentato rivendicato dall’Isis, fornisce il grosso delle milizie che sostengono il governo parallelo di Tripoli, da mesi in fase di trattative con il Parlamento di Tabrouk, riconosciuto dalla comunità internazionale e con il quale si sta lavorando al fine di ottenere un accordo per definire un esecutivo di unità nazionale.
Intanto, qualche settimana fa gli uomini del Califfato hanno rapito 86 migranti eritrei che si trovavano in viaggio verso Tripoli. Lo annuncia la direttrice della ong svedese Eritrean Intiative on Refuge Meron Esefanos, che è riuscita a mettersi in contatto con alcuni migranti fuggiti dall’assalto. I terroristi secondo le prime testimonianze, avrebbero separato i cristiani dai musulmani lasciando questi ultimi liberi.
I migranti erano a bordo di un automezzo guidato da tre trafficanti di esseri umani quando un commando di jihadisti ha imposto loro di fermarsi. A quel punto avrebbero rapito il gruppo nel quale figurano anche 12 donne e diversi bambini.