Non firma a Mosca ma sarà presente a Berlino Khalifa Haftar. A riferire la notizia è l'emittente al-Arabiya, secondo la quale l'uomo forte della Cirenaica avrebbe deciso di recarsi al tavolo sulla Libia organizzato nella capitale tedesca dopo il flop delle trattative russe, nella speranza che non venga bissato quanto accaduto nel consesso turco-russo. A Berlino ci andranno anche Serraj e, probabilmente, i leader dei due parlamenti rivali di Tobruk e Tripoli, presenti anche a Mosca. L'obiettivo sarà lo stesso di prima: stabilire una tregua duratura fra governo di accordo nazionale e l'esercito del generale che, almeno per il momento, non avrebbe ripreso le ostilità, nonostante il ritorno a Bengasi senza aver siglato nulla, come invece tutti si auguravano, Putin compreso, suo principale sostenitore (assieme agli Emirati Arabi) da un punto di vista militare e politico. La stessa pressione che il presidente turco, Erdogan, aveva fatto indirettamente su Fayez al-Serraj, che l'accordo lo aveva infine firmato dopo aver accettato il cessate il fuoco chiesto congiuntamente con lo stesso Putin.
Verso Berlino
Il rifiuto di Haftar di sottoscrivere un accordo per un cessate il fuoco prolungato aveva inizialmente fatto temere per lo svolgimento della Conferenza di Berlino, rischiando di precludere all'Europa l'ennesima possibilità di procedere con passi concreti verso la soluzione diplomatica per la crisi libica. Invece, non solo il vertice è stato confermato ma il generale ha anche confermato la sua presenza, di fatto aprendo uno spiraglio di ottimismo su un vertice che, a ogni modo, non si annuncia per nulla semplice. Se la situazione in Libia è per ora stabile (Erdogan aveva minacciato che, in caso di ripresa delle azioni militari, sarebbe arrivata una lezione per Haftar), la speranza è che la conferenza serva davvero a ridurre le distanze e avviare una strategia comune: “Ho incontrato più volte Haftar – ha detto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, fra coloro che saranno a Berlino -. Allorché mi informò della iniziativa militare gli dissi subito che stava commettendo un grave errore. Gli dissi che la violenza avrebbe generato altra violenza, sofferenze alla popolazione civile e avrebbe attirato terroristi anche da altri scenari di guerra”.
Presenza costante
Il premier, parlando a un incontro con i capigruppo di maggioranza e opposizione, i ministri interessati dal dossier crisi internazionali e i presidenti delle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato, ha inoltre spiegato che “l'Italia ha fatto una scelta ben precisa: siamo disponibili a investire tutto il nostro capitale per indirizzare gli attori libici e la comunità internazionale verso una soluzione politica, ma non siamo disponibili a fornire armi o militari per alimentare un conflitto armato. Sul piano politico la nostra linea è coerente e la nostra presenza è costante”.