Dall’eccidio di Charlie Hebdo ai morti di Copenaghen, l’Europa si ĆØ scoperta debole di fronte alla minaccia del terrorismo e cerca nuove strade per tutelare i suoi cittadini. A Bruxelles sono sicuri: se la jihad diventa internazionale non si puĆ² piĆ¹ pensare di affidare a ciascuno Stato il compito di difendersi. Serve una strategia ampia e comune, soprattutto se bisogna intervenire sul piano della politica estera. Con le forze dell’Isis che cercano uno sbocco sul Mediterraneo in Libia e Tunisia attendere non ĆØ piĆ¹ possibile. Lo hanno ribadito in questi primi mesi del 2015 quasi tutti gli esponenti dell’Unione Europea. Oggi a Bruxelles ĆØ previsto un vertice per discutere proprio di questo aspetto, cui parteciperĆ anche il ministro degli Interni italiano, Angelino Alfano. Verranno affrontati i temi piĆ¹ caldi sull’argomento, soprattutto le crisi nordafricane, particolarmente rischiose.
Ma non ĆØ solo il Califfato a preoccupare l’Ue. Sul tavolo c’ĆØ anche l’immigrazione, in parte connessa con il terrorismo, visto il fenomeno dei foreign fighters e dei lupi solitari. Il canale di Sicilia ĆØ ormai diventato un cimitero di disperati. Decine di barconi cercano le coste europee (e italiane in particolare) ogni giorno, creando i presupposti per nuove stragi. Frutto soprattutto del crollo del regime di Gheddafi con cui Roma aveva raggiunto un accordo proprio per limitare gli arrivi. Ora la situazione ĆØ incontrollabile e il susseguirsi delle emergenze (dall’ebola alla jihad) rendono urgente una soluzione. Soprattutto per evitare ai Paesi che si affacciano sul mar Mediterraneo siano i primi a subire le conseguenze.