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LE SCUSE A METÀ DI SHINZO ABE

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A settant’anni dalla controversa dichiarazione di resa dell’imperatore Hirohito, il premier giapponese Shinzo Abe si è scusato ieri a modo suo con i Paesi asiatici, per il colonialismo, le invasioni e le “sofferenze incommensurabili” di cui il Giappone fascista si è reso responsabile nel Novecento, fino alla fine della seconda guerra mondiale. Il leader conservatore di Tokyo, criticato per la sua corsa al riarmo e per l’imposto addio alla Costituzione pacifista del 1946, ha riconosciuto le responsabilità belliche nazionali, esprimendo “profondo rimorso e sincere scuse”, come i predecessori Tomichi Murayama e Junichiro Koizumi in occasione dei decennali passati.

Ha avvertito però che le nuove generazioni, nate dopo il crollo dell’impero, non possono “essere predestinate a scusarsi per sempre, non avendo nulla a che fare con la guerra”. Il distinguo ha irritato la Cina, una delle nazioni invase e tra quelle più colpite dalle atrocità nipponiche, che ha subito respinto le scuse di Tokyo, definite “un passo indietro e nel migliore dei casi annacquate”. Pechino non dimentica il massacro di Nanchino, ancora minimizzato da Tokyo, e ha subito accusato Abe di “voler chiudere una tragica pagina di storia limitandosi a scuse calibrate una volta per tutte”.

Dopo sette decenni, a causa dell’ambiguità di un Giappone che a differenza della Germania post-nazista non ha mai fatto onestamente i conti con la propria storia, le ferite del passato nel Pacifico si sommano alle tensioni del presente.

Il risultato è che tutti mantengono argomenti per dirsi insoddisfatti e avanzare nuove rivendicazioni, territoriali e private. A settembre il primo banco di prova. Abe il 3 non presenzierà alla maxi-parata militare a Pechino, che celebrerà proprio la sconfitta di Tokyo nel 1945, ma ha auspicato di poter tenere un vertice subito dopo con Xi Jinping. Dalla disponibilità del presidente cinese si capirà se la seconda guerra mondiale anche in Asia può cominciare ad essere consegnata ad un condiviso libro di storia.

Claudia Gennari: