Il processo di pace in Siria è morto. Ne è convinto Nasr Hariri, il rappresentante delle opposizioni siriane in esilio sostenute dagli Stati Uniti e da altri Paesi occidentali, tra cui l'Italia, oltre che dalla Turchia e dall'Arabia Saudita.
Inconto saltato
Citato dai media siriani e panarabi, Hariri ha detto che la Coalizione siriana delle opposizioni si è rifiutata di incontrare una delegazione russa perché “è evidente che la Russia non crede nella soluzione politica”. Hariri, in quanto rappresentante delle opposizioni in esilio, ha rifiutato di partecipare al vertice a causa della persistente offensiva militare russa e governativa siriana nella zona di Idlib, controllata da milizie anti-regime e qaidiste. La zona è sotto influenza diretta della Turchia.
Il ruolo di Mosca
La Russia dal 2017 ha assunto la guida del processo negoziale sulla Siria, organizzando in Kazakistan periodici incontri di alto livello tra rappresentanti politici e militari siriani del governo e delle opposizioni. Ad Astana, dal gennaio del 2017 Mosca ha anche riunito allo stesso tavolo la Turchia e l'Iran, Paesi che assieme alla Russia stessa hanno creato il “terzetto di garanti della tregua in Siria”. Il processo negoziale guidato dalla Russia ha di fatto preso il posto di quello mediato dall'Onu, da tempo fermo al binario morto nonostante a gennaio il nuovo mediatore Geir Pedersen – che è succeduto a Staffan De Mistura – abbia annunciato nuove iniziative di mediazione. La Russia ha convocato un nuovo incontro in Kazakistan per fine mese e sta conducendo incontri bilaterali con le parti per preparare la riunione.