Ormai è polemica aperta fra Donald Trump e il mondo dello sport statunitense, quello sotto l'egida della Nfl e, ora, anche della Nba. Non proprio due nomi di poco conto, consdierando che si tratta delle massime leghe mondiali del football americano e della pallacanestro. Archiviata la parentesi dei Philadelphia Eagles, con l'annullamento del ricevimento previsto ma anche la certezza che la squadra non si sarebbe presentata di sua iniziativa, il presidente degli Stati Uniti deve vedersela con le remore della National Basketball Association: né Golden State né Cleveland, le due squadre giunte alla finalissima per l'assegnazione del titolo, dovrebbero andare alla Casa Bianca per il consueto ricevimento post-vittoria.
Polemiche e proteste
La polemica è sempre la stessa: il disappunto di molti team sulla necessità di restare in piedi durante l'inno nazionale, aspetto sul quale Trump si è sempre mostrato intransigente. Due anni fa, la protesta di Colin Kaepernick (inginocchiatosi per protesta contro il razzismo durante l'inno) aveva avviato uno strascico polemico proseguito fino a oggi che ha visto il Tycoon da una parte e il mondo dello sport americano dall'altra. Trump, all'indomani dell'episodio (poi emulato da altri giocatori), aveva persino invitato le dirigenze a licenziare coloro che avessero tenuto atteggiamenti simili durante The Star-Splanged Banner, cosa che ha intimato anche ai vertici degli Eagles i quali, però, nonostante una foto rivelatasi falsa (sulla quale il presidente ha basato la sua accusa), non hanno mai tenuto simili comportamenti.
Il diniego
Warriors e Cavaliers, attraverso le voci dei due rispettivi leader, Stephen Curry e LeBron James, si sono detti certi che nessuna delle due squadre, qualunque di esse uscirà vincitrice, si recherà in visita dal presidente. Già lo scorso anno, quando a vincere fu proprio Golden State in finale con la stessa Cleveland, Trump aveva revocato l'invito poiché Curry e altri giocatori si erano detti in disaccordo con le sue politiche, minacciando di boicottare l'incontro. Il disappunto, stavolta, è legato proprio a quanto accaduto con Philadelphia: “Non sono sorpreso – ha detto Curry -. So che non importa chi vincerà questa serie, nessuno vuole l'invito comunque”.