Mentre l’Isis è al confine tra Siria e Turchia, l’aviazione turca bombarda il Pkk, il partito dei lavoratori del Kurdistan. Per la prima volta dalla proclamazione della tregua nel 2013, i caccia di Ankara hanno fatto fuoco sulle postazioni curde, nel sud-est della Turchia: si riaccende così la tensione fra lo Stato e la minoranza.
Sono stati due i bombardamenti dell’aviazione turca su quello che, a tutti gli effetti, viene considerato un gruppo terroristico anche da altri Paesi: nella serata di ieri l’azione sulle postazioni curde, mentre nella giornata precedente un F-16 aveva colpito via cielo il villaggio di Daglica, in provincia di Hakkari. Secondo quanto riportano fonti di Ankara, l’attacco sarebbe stato compiuto per sedare dei disordini scoppiati contro la polizia locale.
Le proteste in effetti ci sono state, soprattutto nel sud-est della Turchia: ma lo scopo era chiedere ad Erdogan il sostegno bellico ai curdi di Kobane, impegnati dal 16 settembre scorso in una tenace resistenza all’Isis. Ma il presidente turco non cede: dietro a queste manifestazioni, secondo Ankara, ci sarebbero delle “forze oscure” che vogliono minare il delicato percorso di pace intrapreso assieme al Pkk. “Non tollereremo alcuna minaccia o intimidazione che ha come bersaglio la pace, la stabilità e la sicurezza della Turchia – ha spiegato Erdogan -avvieremo le misure necessarie per combattere coloro che si impegnano in tali atti”, ha dichiarato. I curdi hanno risposto che se Kobane dovesse cadere, la pace tra il Pkk e Ankara sarebbe in pericolo.
Malgrado le resistenze di Ankara, l’azione curda in Siria sembra dare i suoi frutti: le milizie dell’Unità per la protezione del popolo, Ypg, hanno riconquistato la collina di Tall Shair, vicino Kobane, città al confine con la Turchia dall’importanza strategica. Fonti locali riferiscono infatti che il gruppo siriano sarebbe riuscito a togliere la bandiera dello Stato Islamico, che campeggiava da giorni sui monti intorno alla città.