Quarantotto ore: questo il tempo concesso dal Congresso nazionale africano (Anc) a Jacob Zuma, presidente in carica della Repubblica del Sudafrica, per lasciare il suo ruolo e farsi da parte. La decisione, nell'aria da qualche giorno, è stata presa al termine di una riunione fiume durata non meno di 13 ore, coincisa con un verdetto inequivocabile: dimissioni. Sul presidente, 75enne e facente funzione dal 2009, grava un'accusa di corruzione ma, a suo carico, ci sarebbero non meno di 783 crimini contestati, dal riciclaggio alla truffa. Già a dicembre, Zuma era stato rimpiazzato dal suo vice, Cyril Ramaphosa, nel ruolo di guida dell'Anc: e al momento, sarebbe proprio l'ala guidata dal numero due dell'attuale governo a premere perché Zuma lasci finalmente la sua posizione. Una situazione non certo inusuale per il presidente sudafricano, il quale è passato indenne attraverso ben 9 voti di fiducia.
Valori e principi
La situazione attuale, però, è decisamente più complicata per Zuma, di fatto esautorato dai suoi poteri sull'Anc e costretto a fare i conti con una personalità, quella di Ramaphosa, in fortissima ascesa e che fa leva su interessi pubblici: “Veniamo da un periodo di grandi difficoltà – aveva detto -, un periodo di discordia e spaccature, ma il centenario della nascita di Nelson Mandela, che si celebrerà il 18 luglio di quest’anno, ci offre l’opportunità di ricominciare di avere un nuovo inizio”. Secondo l'attuale vicepresidente, “il centenario ci dà l’occasione di ripristinare nella nostra vita nazionale i valori e i principi per i quali Mandela si è così fermamente battuto”. La richiesta (o richiamo) formale al presidente verrà fatto nelle prossime ore e, a quel punto, si conoscerà anche la mossa di Zuma.
Le prospettive della “Zexit”
Quali sono dunque le prospettive? In realtà il quadro ha un certo grado di complessità: se da una parte, infatti, è difficile che il presidente possa ignorare una richiesta formale, dall'altra va precisato che non è nemmeno costretto a rassegnare le sue dimissioni. La pista più probabile è che si vada incontro a un nuovo voto di fiducia (quasi sicuramente il prossimo 22 febbraio) ma con la quasi certezza, per i cittadini, di ritrovarsi con un presidente completamente sfiduciato dal suo stesso partito. Il che, in buona sostanza, chiuderebbe la sua esperienza come leader del Sudafrica, ormai più che decennale, in un processo che i media locali hanno già ribattezzato “Zexit”. A quel punto, Ramaphosa avrebbe la strada spianata, politicamente e a livello popolare, in una sorta di revival di quanto accadde nel 2008, quando l'allora presidente Thabo Mbeki si dimise dopo un duro scontro con il suo vice. Proprio Jacob Zuma.