Prometto che mi prenderò cura dei bambini nel miglior modo possibile. Grazie per il sostegno e per favore, accettate le mie scuse”. Così Ekapol Chanthawong, allenatore dei 12 ragazzi intrappolati con lui da giorni nel sistema di grotte di Tham Luang, in Thailandia, si è rivolto alle famiglie dei suoi giovanissimi allievi, implorando il loro perdono per averli portati nel sistema di cavità poi invaso dalle acque. Il tecnico si è premurato di assicurare che “stanno tutti bene, i soccorritori si stanno prendendo cura di noi”. Il messaggio di Ekapol è arrivato all'esterno della grotta assieme alle lettere dei ragazzi, i quali hanno rassicurato le famiglie sulle loro condizioni fisiche e uno di loro ha anche ricordato al papà la sua festa di compleanno, festeggiato nelle cavità della Terra, chiedendo un barbecue quando uscirà di lì.
Il percorso
Nel frattempo, però, la situazione continua a farsi sempre più seria. L'ossigeno cala a ritmi rapidi, la posa del tubo per immettere aria nella grotta non ha ancora raggiunto la spiaggia sulla quale i ragazzi sono isolati e il maggior supporto, al momento, è dato dalle bombole che i soccorritori hanno lasciato loro, come specificato dal governatore Osatanakorn. Nonostante la situazione sia complicata, pare che al momento il pericolo piogge si sia fatto più concreto, con l'arrivo di alcuni rovesci nell'area del Tham Luang e con gli uomini della Navay Seal che stanno per questo cercando di organizzare al più presto le manovre per il trasporto dei ragazzi dalla grotta di Nern Nom alla base allestita dai soccorritori: un percorso di 500 metri, in parte sommerso e composto da anfratti e fenditure. Il tratto più difficile dei quasi 5 chilometri da percorrere per arrivare alla luce.
Tempi stretti
In virtù delle difficili condizioni del percorso, è necessario che i ragazzi siano in migliori condizioni fisiche e ulteriormente addestrati per poter compiere questo passaggio. Intanto si prosegue con le trivellazioni ma questa resta una soluzione di ripiego, in quanto è difficile stabilire con esattezza il punto in cui si trovi il gruppo e, ancora di più, creare un buco sufficientemente grande da consentire il passaggio agevole dei ragazzi e dell'attrezzatura di salvataggio. La terza ipotesi sarebbe aspettare la fine dei monsoni ma questo posticiperebbe il tutto di mesi, senza nessuna garanzia che il gruppo riesca ad arrivare a quel periodo (almeno a gennaio). Per questo, al momento, si sta tentando il tutto per tutto per anticipare le piogge e trasportare fuori i giovani calciatori, magari uno alla volta. Tra ossigeno in calo e minaccia meteorologica, la corsa contro il tempo è davvero serrata.