Un’insolita mano tesa, forse una speranza per la pace. Alla vigilia del vertice Nato che si terrà domani in Galles dai Talebani è arrivata un’apertura al dialogo per favorire la pacificazione dell’Afghanistan. Un messaggio moderato, in cui l’Emirato Islamico degli studiosi del Corano si offre di svolgere un ruolo centrale nella risoluzione della crisi. “La storia ha provato che la forza da sola non è mai capace di risolvere un problema politico” si legge in un comunicato che riconosce la sostanziale inutilità della violenza e della ricerca della sottomissione dell’avversario. In questo contesto, dunque, l’unica soluzione resta “un processo giusto e significativo che riconosca la sofferenza del popolo afghano e gli restituisca i suoi diritti naturali”.
Ma il passaggio più importante, forse decisivo, è un altro. Perché i talebani, nel comunicato, s’impegnano a non concedere più spazio ai terroristi che, dai tempi di Osama Bin Laden, usavano i deserti e le montagne afghane come luoghi di esercitazione e pianificazione degli attacchi kamikaze contro l’Occidente e i suoi alleati. “Non permetteremo più a nessuno –evidenzia il comunicato- di usare il suolo dell’Afghanistan per recare danno a un’altra nazione”. La complessità della società talebana, e della stessa struttura dell’integralismo islamico, non consentono di capire cosa si celi realmente dietro questa apertura. Se confermata dai fatti la presa di coscienza dei talebani può avere una portata storica. E riportare speranza in una Nazione che ancora non conosce la parola pace.