L’Indonesia si schiera contro il Fronte di difesa islamico (Fpi) e il suo tentativo di “islamizzare” il Paese. L’ Fpi impone norme e regolamenti ispirati alla sharia come per esempio il divieto di consumare bevande alcoliche e altri vincoli in tema di morale sessuale. Il gruppo è osteggiato da gran parte della popolazione civile che l’accusa di bloccare la costruzione di chiese e di usare sempre la violenza per raggiungere i propri obiettivi.
Tra coloro che vogliono contrastare questo movimento fondamentalista spicca il capo della polizia indonesiana, il generale Sutarman, che vorrebbe sciogliere definitamente l’Fpi per gli attacchi e gli abusi compiuti soprattutto durante il mese sacro del Ramadan. La campagna di Sutarman è appoggiata da vasti settori della società civile ed ha provocato tensioni anche all’interno delle forze dell’ordine, con parte degli ufficiali contrari allo scioglimento del Fronte.
L’Fpi compie attacchi mirati contro cristiani, cattolici e protestanti, e la scorsa settimana l’ispettore capo di polizia, Unggun Cahyono, ha condotto una maxi-operazione contro il fronte islamista finalizzata all’arresto dei leader della campagna di protesta contro il vice governatore di jakarta Basuki Tjahaja Purnama. La colpa del politico, secondo gli estremisti, è quella di essere un cristiano di etnia cinese che guida il governo della capitale in vista della successione al numero uno Joko Widodo. Nel blitz della polizia è stato arrestato uno dei coordinatori del Fpi a Jakarta e per il movimento estremista questo è stato un duro colpo. L’Indonesia è la nazione musulmana più popolosa al mondo (l’86% professa l’islam) e, pur garantendo fra i principi costituzionali le libertà personali di base, fra cui il culto, è stata a lungo teatro di violenze e abusi contro le minoranze.