Un tribunale turco ha respinto il ricorso della Fondazione Wikimedia, che possiede il dominio di Wikipedia, contro il blocco dell’accesso all’enciclopedia online in Turchia, imposto sabato scorso. Lo riferisce Anadolu. “Come espresso dai testi legali citati, la libertà di espressione non è uno dei diritti assoluti. Può essere limitata quando ci sono le condizioni necessarie”, ha sostenuto il tribunale di Ankara, facendo anche riferimento allo stato d’emergenza post-golpe in vigore in Turchia. L’oscuramento dell’intero sito era stato imposto dall’Autorità per le telecomunicazioni (Btk) per la mancata cancellazione di almeno due pagine dell’enciclopedia che affermano l’esistenza di legami tra Ankara e gruppi jihadisti in Siria. La decisione della Turchia, che in passato aveva più volte bloccato anche l’accesso a YouTube, Facebook e Twitter, ha scatenato nuove proteste contro le limitazioni alla libertà di espressione e di informazione nel Paese.
Sempre sul fronte del rapporto con i media va poi segnalato il provvedimento col quale la stessa Autorità per le telecomunicazioni di Ankara ha relegato alla fascia protetta i programmi televisivi per la ricerca dell’anima gemella. La previsione fa parte di un nuovo regolamento sui format che “influenzano negativamente lo sviluppo psicologico, fisico e morale dei giovani“, che non potranno essere trasmessi prima della fascia protetta serale “a tutela dei minori”. Le autorità turche puntano inoltre a introdurre nuovi “incentivi” a sostegno dei programmi “per famiglie”.
Proseguono a ritmo incessante, intanto, le purghe post golpe. Dopo poliziotti e mebri dell’esercito stavolta è stato di nuovo il turno dei magistrati. Il Csm di Ankara (Hsyk) ha cacciato altri 107 giudici e procuratori accusati di legami con la presunta rete golpista di Fethullah Gulen. Per loro è stato anche emesso un mandato d’arresto. Lo riferisce la Cnn turca. Dal fallito colpo di stato dello scorso 15 luglio, i dipendenti pubblici licenziati o sospesi sono oltre 145 mila, tra cui almeno 4.238 magistrati.