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La guerra dei Paesi asiatici per l'olio di palma

Ha tutti i contorni di un vero e proprio ricorso quello che il governo della Malesia presenterà entro il prossimo novembre, all'Organizzazione mondiale del Commercio. Il grande accusato? L'Unione Europea, colpevole di aver vietato l'impiego dell'olio di palma per la sintesi dei biocarburanti. Lo ha reso noto quest'oggi il Ministro delle Industrie primarie della Malesia, Teresa Kok, a margine di un evento industriale nel Paese, che ha dichiarato che “i documenti necessari a procedere sono già a disposizione del procuratore generale”. Il ministro ha, altresì, speicificato che il ricorso verrà presentato congiuntamente anche dall'Indonesia. Il viceministro degli Esteri indonesiano, A. M. Fachir, ha recentemente dichiarato: “Rifiutare l’olio di palma equivale a rifiutare gli obiettivi di sviluppo sostenibile, che rientrano in un accordo globale”.

Olio di palma e Ue

Con il 30% di esportazioni indonesiane e malesiane, l’Unione Europea è tra i principali acquirenti di olio di palma. Negli ultimi anni, tuttavia, alcuni Paesi del Vecchio Continente hanno varato provvedimenti atti a ridurre l'impiego del prodotto nei biocarburanti: tra i primi ad adottare misure restringenti la Francia, che ha avuto un influsso anche in un Paese non-Ue come la Norvegia. Per questo, una limitazione delle importazioni del prodotto minerebbe gli obiettivi di crescita dell'industria e la costringerebbe a cercare nuovi acquirenti in Cina e India. Stando ai dati del rapporto su olio di palma e biocarburanti presentato lo scorso maggio dal Singapore Institute of International Affairs, un'interruzione della partnership commerciale sull'olio di palma potrebbe seriamente minare la crescita dei due Paesi. Stanto sempre alle ricerche del think tank, la ricerca di prodotti ecocompatibili avrebbe un impatto forte sulla deforestazione

Olio contro la povertà

Nei Paesi asiatici, l'industria dell'olio di palma rappresenta un'occasione di riscatto sociale. L'Indonesia conta cinque milioni di agricoltori dipendenti dall'industria dell'olio di palma. Secondo il presidente del Paese, Joko Widodo, la produzione dell'olio di palma riduce il divario sociale e contribuisce a una crescita economica inclusiva, perché crea professionalità per un totale di 17 milioni di indonesiani. Anche la Malesia la pensa allo stesso modo. Dopo l'Indonesia, è infatti il secondo maggior produttore di olio di palma che regge centinaia di migliaia di posti di lavoro

Europa che discrimina

La risoluzione adottata dall'Unione europea nel 2017 non è vincolante e prevede il divieto ad impiegare olio di palma nei biocarburanti entro il 2020. Secondo i due Paesi asiatici, la misura è discriminatoria ed è stata fatta con l'obiettivo di favorire indirettamente prodotti europei come gli oli di semi di colza e di girasole. Per questo motivo, la Malesia ha deciso di ritirarsi nei giorni scorsi dai negoziati che l'Asean, l'Associazione delle Nazioni del Sud-est Asiatico, aveva inaugurato il 21 gennaio scorso un accordo per elevare l'Europa quale partner strategicoDate le ultime disposizioni di Bruxelles in materia di biocarburante, il Paese non ritiene più l'Ue un partner credibile. Kuala Lumpur ritiene, inoltre, una scusa la decisione europea alla luce della sostenibilità. Sia la Malesia che l'Indonesia dichiarano che la produzione di olio di palma rispetta i criteri di sostenibilità, come dimostrerebbero i lavori per la messa a punto della certificazione Ispo portati avanti dall'Indonesia Sustainable Palm Oil. Dura è stata la recente dichiarazione rilasciata dal Presidente indonesiano Widodo alla celebrazione del quarantesimo anniversario del dialogo tra l’Ue e l’Asean, teutasi a Manila: “La risoluzione del Parlamento europeo sull’olio di palma e la deforestazione delle foreste pluviali, al pari delle campagne di disinformazione, non solo danneggia l’economia, ma anche l’immagine dei paesi produttori di olio di palma”.

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