Quarantasette milioni di francesi si stanno recando nel 66.546 seggi istituiti per il ballottaggio delle presidenziali fra Emmanuel Macron e Marine Le Pen, che al primo turno di due settimane fa hanno incassato, rispettivamente, il 24,01% e il 21,3% dei voti. Un’operazione che si svolge in stato di emergenza, con misure di sicurezza rafforzate e la mobilitazione di 50.000 fra poliziotti e gendarmi, in aggiunta ai militari e ai vigili urbani che presidiano normalmente i seggi, nel timore di attacchi terroristici. Il tasso di astensione può fare una differenza cruciale sul risultato finale: al primo turno è stato del 22,2%. Tradizionalmente dal 1974 in poi la partecipazione in Francia cresce al secondo turno, ma in questo caso è un’incognita. I seggi si chiuderanno alle 19 e alle 20 nelle grandi città. Solo dopo le 20 si conosceranno le prime proiezioni. Hanno invece votato già ieri i francesi residenti all’estero o nei territori francesi d’oltremare.
Si sfidano da una parte la donna politica di lungo corso, ex presidente del Front National e dall’altra il giovane leader di En Marche, che pochi giorni fa (dopo gli endorsement di Hamon e Fillon) ha incassato il sostegno di Barack Obama.
Sondaggi
I candidati sono in silenzio obbligato.Venerdì sera gli ultimi veleni di una campagna mai vista prima per la carica di tensione e insulti in un crescendo di aggressività. Dopo l’apice toccato mercoledì – con un dibattito-rissa in tv – lo scarto nei sondaggi si è allargato al 63% di Macron contro il 37% di Marine Le Pen.
Pasionaria
A 48 anni Le Pen vive il momento più importante della sua carriera politica: per mesi i sondaggi le avevano anticipato il pass per il secondo turno, anche se con un risultato più ampio. Al ballottaggio si aspettava Fillon, ha trovato Macron. L’uscita dall’Europa e il ritorno al franco (anche se negli ultimi giorni, anche nel duello tv, è inciampata sulla proposta della doppia moneta) sono i cardini del suo programma assieme con la lotta all’Islam radicale, la sicurezza e l’immigrazione di massa. Come primo provvedimento all’Eliseo ha promesso di chiudere le frontiere sospendendo Schengen per combattere il terrorismo che in campagna elettorale ha colpito nuovamente sugli Champs-Elysees. L’inchiesta sui lavori fittizi di assistenti pagati dal Parlamento Europeo e utilizzati per lavorare nel partito non ha scalfito la sua corsa: lei ha deciso di sfruttare la sua immunità parlamentare (ora in discussione) e di non rispondere alle convocazioni dei giudici nel periodo elettorale.
Enfant prodige
Macron è diventato protagonista in pochi mesi sulle macerie del vecchio bipolarismo della Quinta Repubblica predicando una Francia “forte e solidale” e la fine del disfattismo, ma soprattutto brandendo la bandiera dell’Europa. “Non ha un partito alle spalle che lo sostiene”, “non ha la stoffa del politico”, “non ha carisma”: una dopo l’altra, queste affermazioni si sono sgretolate mentre Macron costruiva il suo personaggio, che dai corridoi ovattati dell’alta finanza ha saputo dare il meglio anche nelle arene più infuocate.
“Lo sentite il mormorio della primavera? Domenica vinceremo e sarà l’inizio di una nuova Francia”, ha detto in uno dei suoi comizi di questi giorni, fra invettiva e atteggiamenti da guru. Il suo capolavoro: aver giocato in contropiede nel dibattito tv, distruggendo un osso duro come Le Pen e facendo apparire evidenti le sue approssimazioni. Dopo l’attentato sugli Champs-Elysees si è detto “pronto a proteggere i francesi“. Forse anche per rassicurare su quelli che per lungo tempo sono stati indicati come i suoi punti deboli, difesa e sicurezza, Macron si è mostrato spesso al fianco del ministro della Difesa, Jean-Yves Le Drian. Ai connazionali ha promesso “un’alternativa profonda“. Prima segretario generale di Hollande, poi suo ministro dell’Economia, l’enfant prodige col pallino delle riforme ha fondato un proprio Movimento, “En Marche!”, poco più di un anno fa, nel marzo 2016, per poi dimettersi a sorpresa dall’esecutivo socialista e candidarsi all’Eliseo. Nella fulminea carriera che lo ha portato ai vertici, non è mai passato per uno scrutinio. Durante la lunga campagna elettorale, pesi massimi del governo socialista, come l’ex premier Manuel Valls e alla fine anche il presidente Francois Hollande, sono passati con lui. La sua convinzione è che occorre superare gli steccati ideologici e la vecchia dicotomia destra/sinistra che frenano il rilancio e la creazione di posti di lavoro.