A scendere in piazza sono gli operai laotiani di un’azienda chimica di proprietà cinese dove i lavoratori non ricevono più lo stipendio. Nel Paese asiatico è iniziata una protesta con l’obiettivo di denunciare il datore di lavoro che non sembra voler concedere i salari arretrati. L’iniziativa risulta di particolare importanza se si considera che nello Stato retto dal Partito unico comunista, le manifestazioni ed ogni forma di espressione pubblica di dissenso è drasticamente proibita e punita.
Situato nel distretto di Xaythany, l’impianto è nel mirino dei cittadini del territorio in quanto gli scarichi della lavorazione starebbero inquinando l’area e rovinando per sempre i terreni usati per le coltivazioni. Interpellato da Radio Free Asia (Rfa), un funzionario governativo laotiano nega vi siano stati scioperi e agitazioni nella zona e parla di “incomprensioni ora risolte” fra operai e datori di lavoro. “Il malinteso – ha spiegato il politico – sarebbe nato perché alcuni lavoratori avrebbero preteso un compenso “anticipato”.
La fabbrica sarebbe dunque al centro di diverse contestazioni ma lo Stato cerca di nascondere il malcontento generato nella zona. I contadini del luogo infatti denunciano la distruzione dei loro campi, unica fonte di sostentamento per le famiglie che vivono nella zona: “Non si possono piantare né riso, né verdure – raccontato uno degli agricoltori – da che è stata costruita la fabbrica”. In risposta i tecnici dell’impianto hanno affermato di aver utilizzato tecnologie “verdi” sia nella fase di costruzione che in quella di produzione della fabbrica, annullando in questo modo le affermazioni della popolazione locale.