Via libera, a maggioranza, della Corte suprema Usa alla causa che accusa Apple di “monopolio” richiedendo ai proprietari di dispositivi di Cupertino di scaricare app solo dall'App Store, gonfiando artificialmente i loro prezzi con una commissione del 30%.
Stangata
Per Apple si tratta di uno schiaffo che minaccia il suo modello di business e che mette a rischio miliardi di dollari. Cupertino sta infatti da diverso tempo ormai spingendo sui servizi per contrastare il rallentamento delle vendite di iPhone e la commissione che impone sulle vendite tramite il suo negozio digitale è uno dei motori della crescita di Apple. La reazione dell'azienda a Wall Street è stata immediata: i titoli sono arrivati a perdere il 5,3% risentendo anche della guerra dei dazi fra Stati Uniti e Cina di cui Apple potrebbe restare vittima.
Le accuse
Secondo l'accusa, Apple sarebbe monopolista nel mercato della vendita di app e avrebbe usato illegalmente il suo potere di monopolio per costringere i proprietari di iPhone a pagare Apple prezzi gonfiati. E questo perché l'azienda richiede che tutto il software sia venduto e acquistato tramite l'App Store. Le app – è la tesi – sarebbero più economiche se gli sviluppatori di software potessero vendere direttamente, aggirando Apple come intermediario. Cupertino impone una commissione del 30% su ogni app venduta e una del 15% sugli abbonamenti tramite l'App Store dopo il primo anno. I consumatori denunciano inoltre la politica di Apple che prevede che il prezzo di ogni app finisca in “99 centesimi“: questo fa sì che gli sviluppatori possano alzare i prezzi ogni volta di un dollaro, invece che optare per rincari più contenuti.
Motivazione
La decisione della Corte Suprema non entra nel merito dell'azione legale, ovvero se Apple sia monopolista o meno, ma stabilisce solo che l'azione legale avviata contro la società può andare avanti. Apple ha cercato di dimostrare ai giudici che i consumatori non possono fare causa perché sono gli sviluppatori delle app a determinare i prezzi e non la società. “Se accettata, la teoria di Apple sarebbe una roadmap” per “evitare le rivendicazioni antitrust da parte dei consumatori” ha affermato il giudice Brett Kavanaugh, che ha redatto l'opinione della Corte Suprema in 14 pagine. Kavanaugh ha votato in linea con i giudici liberal Ruth Bader Giunsburg, Stephen Breyer, Sonia Sotomayor e Elena Kagan.