Il Tribunale penale del Kuwait ha condannato a morte sette persone per l’attentato – rivendicato dal sedicente Stato Islamico – contro una moschea sciita avvenuto lo scorso giugno, nel quale hanno perso la vita 26 persone e almeno 200 sono state ferite. Altri otto imputati sono stati condannati a scontare una periodo di reclusione che va da 2 a 15 anni, mentre altri 14 sono stati assolti.
La principale accusa che è stata rivolta ai condannati è di aver collaborato con Fahd al Qabaa, il kamikaze di origini saudite che ha fatto detonare il suo cinturone esplosivo all’interno della moschea di Kuwait City. Inoltre furono condannati per uso di materiale esplosivo, con lo scopo di uccidere e diffondere il terrore, e per aver partecipato alle attività di un “gruppo proibito” che ha come obiettivo finale quello di rovesciare il regime dello Stato.
Tra i 29 processati ci sono sette cittadini del Kuwait, cinque sauditi e tre pachistani. Il resto si trovava nel Paese in forma illegale e non è stata specificata la loro nazionalità. L’attentato è stato eseguito durante la preghiera del mezzogiorno del venerdì, quando la sala della moschea era affollata di fedeli.