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KUALA LUMPUR: TERMINATA CON GLI IDRANTI LA MANIFESTAZIONE PER L’ORGOGLIO MALESE.

Acqua dagli idranti per spegnere le proteste dei nazionalisti malesi. Nel pomeriggio di oggi a Kuala Lumpur la polizia antisommossa ha disperso circa 5.000 manifestanti – in maggioranza di etnia malese – che si erano radunati in favore del governo. Gli organizzatori hanno spiegato che la dimostrazione è stata messa insieme per mostrare supporto al Primo Ministro Najib Razak, al quale è stato chiesto di ritirarsi dalla popolazione di origine cinese – circa il 23% del Paese –  durante un’altra protesta a fine agosto.

Il Primo Ministro era stato accusato, lo scorso luglio, di aver dirottato sui suoi conti privati circa 700 milioni di dollari, attraverso strane movimentazioni della 1MDB – 1Malaysia Development Berhad – una compagnia interamente posseduta dal governo creata per agevolare investimenti a lungo termine per lo sviluppo del Paese.

Il coordinatore dell’evento Megat Zulkarmain Omardin, segretario generale della Federazione Nazionale di Silat – un’arte marziale tipica del sud-est asiatico – ha affermato che la protesta non è solo a favore di Najib Razak ma è arrivata in risposta ai raduni antigovernativi dei giorni scorsi che hanno “mancato di rispetto e minacciato la popolazione malese”. “Il mondo intero ci sta guardando – ha continuato Omardin – se il cambiamento deve arrivare sarà per mezzo di normali elezioni.”

Il corteo si è riversato nel pomeriggio su “Petaling Street”, costringendo molti commercianti cinesi a chiudere i battenti durate l’orario di punta. Attraverso cori, cartelli e striscioni i dimostranti hanno chiesto al governo di abolire le scuole in lingua cinese e criticato pesantemente il “Democratic Action Party”, partito di opposizione influenzato da Pechino. La manifestazione è terminata, come detto, con l’intervento della polizia anti sommossa dopo che alcuni dei presenti hanno cercato entrare in un negozio della zona. Negli ultimi mesi le tensioni razziali in Malesia stanno raggiungendo livelli molto pericolosi e le autorità temono che si possano ripetere le violenze delle rivolte etniche del 1969.

 

 

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