Kobane di nuovo al centro dei riflettori, dopo essere divenuta il simbolo della resistenza all’invasione dello Stato Islamico, ora è ancora una volta nel mirino dell’Isis. L’offensiva dei jihadisti ha portato nelle ultime ore a numerosi e violenti scontri tra seguaci di Abu Bakr al-Baghdadi e le milizie curde. Lo hanno riferito sulla loro pagina Facebook gli attivisti dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, un gruppo vicino all’opposizione con sede a Londra, secondo il quale nei combattimenti hanno perso la vita decine di combattenti di entrambi gli schieramenti.
Ribattezzata come la nuova Stalingrado, fu assediata dai jihadisti a settembre. Nei mesi scorsi la cittadina siriana si era trasformata in una vera trincea dove gli attacchi venivano sferrati sia in terra che in cielo, di notte e di giorno. Il 27 gennaio su tutti i giornali del mondo viene pubblicata la notizia che Kobane torna libera grazie all’aiuto dei curdi che hanno combattuto con capacità di recupero e forza d’animo.
Secondo alcune fonti americane, nella lunga rappresaglia, durata quattro mesi tra peshmerga e Isis vi sarebbero stati circa 1800 morti, 1200 dei quali miliziani dello Stato islamico. La stessa fonte ha affermato che tra i soldati caduti sui due fronti a Kobane vi sarebbero molti foreign fighters, tra cui australiani, belgi, canadesi e ceceni.